Adrano assomiglia alla descrizione di Ficarra e Picone nel film l’Ora Legale?

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di Antonio Cacioppo

“L’ora legale”, di Ficarra e Picone, è un film dove la risata non è fine a se stessa, ma è lo strumento per una riflessione sulla nostra società e lo fa nel solco della tradizione della commedia all’italiana, dove il sorriso si stempera fino a diventare ghigno, riso amaro. Il film è straordinario poiché descrive una società dove si è smarrito il senso del pudore, dove si è arrivati addirittura al paradosso tale che se un politico non è stato rinviato a giudizio o condannato la società lo ritiene inadatto a governare.

Nella nostra realtà adranita, come nel film, si è strutturata una rete di interessi, di aspettative che, si badi bene, non appartengono soltanto al mondo dei politici, ma anche agli apparati tecnici e alle imprese. Ed è difficile opporsi a questo sistema, d’altronde coloro che “tengono famiglia” sono numerosi, tante “le bocche da sfamare” e quindi in parecchi votano questi politici nella speranza di riceverne qualcosa in cambio. Questa è la denuncia del film, la complicità di tutti verso il malaffare, la ricerca della raccomandazione, del favore.
Il finale del film è terribile, ti disarma e capovolge le regole della commedia che prevede finali felici. La scena finale è nitida, non si presta ad interpretazioni: l’unico cittadino ribelle al pensiero unico viene legato ad una sedia dall’inviato della politica romana con l’assistenza compiaciuta di un carabiniere e di un mafioso.

Ma nella realtà della nostra Adrano si va ben oltre la finzione cinematografica, basti guardare chi vuole o dice di volersi opporre al sistema e si scopre che essi si rivelano, molte volte, una cura peggiore della malattia, manifestano un’incapacità nel costruire un progetto unitario per superare differenze politiche e caratteriali, incapacità di pensare una proposta autenticamente alternativa che vada al di là dei buoni propositi. Essi sognano soltanto, illudendosi che l’avversario abbia un “incidente di percorso” provocato da alchimie consiliari. La somma di queste “incapacità” sfocia in una gara tra oppositori o presunti tali, fra chi è più bravo, più furbo, più preparato. Essi non riescono nemmeno ad avere un visione oggettiva della realtà, tendono a sopravvalutarsi e a sottovalutare gli interlocutori, col risultato di rinchiudersi in un “loro” mondo fatto di piccole consorterie, sognando improbabili rivincite con motivazioni risibili, come velleitarie rivolte generazionali o inseguendo soluzioni miracolose al grido semplicistico di andare oltre Mancuso e Ferrante.

Così si corre verso il nulla. Chi pensa che le prossime elezioni siano l’obiettivo primario, ha un orizzonte minuscolo. Bisogna invece guardare alle nuove generazioni, non fraintendete, non è un problema di età ma culturale. E c’è chi ha già intrapreso da anni questa politica per il futuro, sbagliata o giusta che sia, con chiarezza di intendi:
– costruire una nuova base culturale d’opposizione nei confronti di coloro che posseggono questa visione errata di potere e di consenso;
– organizzare eventi, laboratori di idee, convegni, attività, dibattiti;
– diffondere, attraverso i social e giornali, idee e posizioni alternative;
– promuovere battaglie per difendere un territorio che è patrimonio incommensurabile di identità e bellezza.

Tutto questo patrimonio di idee ed esperienza, compresi gli errori commessi, è stato proposto ad alcuni “oppositori”, ma la risposta è stata, nella migliore delle ipotesi il silenzio, nella peggiore il tatticismo o la “tragidiuzza politica”. La sensazione di scoramento ti spinge a concludere che tutto è inutile. Poi arrivano flebili segnali, pietre lanciate nel putrido stagno della politica nostrana. Il giornalista Nicola Savoca scrive un pezzo che già nel titolo è significativo, “Una squadra di fenomeni e lo scimpanzé col mitra”. Ma la domanda, la domanda vera da porsi è: esistono “fenomeni” in una città come Adrano? Non lo sappiamo, ma ci rendiamo conto che, almeno un’ipotesi bisogna pur farla, bisogna sforzarsi di crederci, ad una condizione però, che questi fenomeni, qualora fossero presenti, debbano avere certe caratteristiche:
– dovrebbero essere sognatori, ma di sogni realizzabili;
– dovrebbero avere una strategia con responsabilità chiare e scadenze precise;
– dovrebbero avere un obiettivo senza cambiare idea durante il percorso.

Per fare tutto questo bisogna scegliere il “sentiero” in cui incamminarsi affinché ci si arricchisca, affinché si possano scegliere bene i compagni di viaggio. Obiettivo, progettazione, cammino, dovrebbero far parte del patrimonio comune e condiviso dei “fenomeni”. Senza trascurare il fatto, però, che si dovrebbe avverare la grande “Trasformazione dei fenomeni” in gente comune, gente ordinaria, capace di fare cose straordinarie, capace di anteporre il senso civico e il bene comune agli interessi personali, gente che sia capace di ascoltare gli altri, gente che stia dalla parte degli ultimi, gente in grado di dar voce a chi non ne ha perché vive nella povertà e nell’ingiustizia, gente vogliosa di dare voce alle periferie di Adrano abbandonate nell’incuria, gente desiderosa di mettere al centro del proprio progetto politico la dignità della persona, gente competente per trasformare i progetti in azioni concrete.

Sarà realizzabile tutto ciò? Se proviamo a guardarci intorno abbiamo una certa difficoltà ad intravedere uno  scenario così delineato. Troppi politicanti senza arte ne parte, troppi servi sciocchi, troppi che inquinano la città di pattume ideologico, troppi zombie che resuscitano dai loro putridi sepolcri dopo aver devastato la nostra città, troppi fannulloni del web che gracchiano e pontificano su tutti e tutto. Questi sembrano essere i segni del declino, ormai i minus habens imperversano, comandano, ti zittiscono. E in questa desolazione avanza una insostenibile voglia di lasciar perdere.
O no?