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Vincenzo Ventura

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La lettera di Liliana Segre agli studenti di Biancavilla

in Cultura di

Symmachia propone la lettera integrale della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alle atrocità nazifasciste, indirizzata agli studenti dell’Istituto Tecnico Tecnologico “Rapisardi” di Biancavilla, in occasione dell’intitolazione dell’Aula Docenti dell’ex Industriale in cui concluse la sua carriera di insegnante (1974-1978) il professore biancavillese Gerardo Sangiorgio che non aderì alla Repubblica di Salò e, per questo, vi fu internato nei campi di concentramento. 

 

Care ragazzi e cari ragazzi, signore e signori,

un caro saluto a voi tutti che vi accingete a commemorare il Giorno della Memoria, in concomitanza per altro con la dedica dell’Aula insegnati del vostro Istituto ad una figura eminente dell’antifascismo del vostro Territorio. Gerardo Sangiorgio seppe infatti resistere al ricatto di aderire alla pseudo-repubblica di Salò, covo di nazifascisti e antisemiti, pagando di persona con l’internamento nei campi di concentramento hitleriani, ma al ritorno passò la sua vita nell’insegnamento e coltivando la memoria a favore di intere generazioni di giovani.

Si è appena concluso il 2018, anno in cui ricorreva l’ottantesimo anniversario delle leggi razziste promosse dal regime fascista di Mussolini, con la complicità della monarchia sabauda.

Bisogna sempre aver presente, quando si ragiona di una legislazione razzista, che essa viene da lontano. Una legge razzista presuppone sempre un ambiente razzista. Presuppone cioè un regime violento e repressivo, ma anche lo svilupparsi di un senso comune alienato che porta ad accettare provvedimenti in altri contesti inconcepibili. Anche le ‘persone normali’ sono responsabili delle leggi razziste, perché sono responsabili di quei comportamenti asociali, discriminatori, offensivi, di quella connivenza e indifferenza rispetto alla violenza, che formano il brodo di coltura delle peggiori dittature.

Ricordo ancora quando nel 1938 ascoltai per radio la notizia della promulgazione delle leggi razziali o meglio razziste. Allora persino negli ambienti della comunità ebraica non si capì subito che cosa stesse accadendo e men che meno che cosa sarebbe successo di lì a pochi anni. Per me fu comunque un trauma realizzare che ero stata “espulsa” dalla scuola. Perché? Che cosa avevo fatto? Mi fu spiegato che “si trattava di una legge che aveva stabilito che tutti gli ebrei dovessero essere ‘espulsi’ dalla scuola e da molte altre attività”. Ma che sistema è quello in cui una “legge” può stabilire una cosa del genere?

Da allora la caduta fu verticale. Dopo le leggi razziali e l’immondo Manifesto della razza sempre del 1938 fu una ininterrotta caduta agli inferi, fino al fondo toccato con la sedicente “repubblica sociale” di Salò, quando i repubblichini, per compiacere i tedeschi, arrivarono addirittura ad inasprire le leggi razziali e la persecuzione degli ebrei.

Per questo ho deciso di sfruttare l’occasione inaspettata della nomina a senatrice a vita per rilanciare una missione che mi ero data da anni: farmi “testimone” diretta della tragedia della Shoah. Certamente questo non basta. Soprattutto per quando testimoni diretti non ve ne saranno più, è tanto più necessario che noi tutti ci si senta investiti del dovere di diffondere cultura, informazione, coscienza civile. Solo un sapere condiviso e critico mette infatti nelle condizioni di evitare la ricaduta in certi errori ed orrori. E proprio in quanto apre la mente al valore autentico di termini come “tolleranza”, “accoglienza”, “interculturalità”, “solidarietà” ecc. Tanto più che oggi in Europa siamo costretti ad assistere a sempre nuovi episodi di antisemitismo, di razzismo, di xenofobia.

A tutto questo bisogna reagire, senza mai abbassare la guardia. Reagire certo con la denuncia, ma appunto anche con la cultura e lo studio. Essi costituiscono infatti, oggi e sempre, l’estremo antemurale contro coloro che hanno la forza ma non la ragione.

Liliana Segre

Liliana Segre ricorda Gerardo Sangiorgio: “diffuse sapere condiviso e critico”

in Controcultura/Homines di

“Gerardo Sangiorgio seppe resistere al ricatto di aderire alla pseudo-repubblica di Salò, covo di nazifascisti e antisemiti, pagando di persona con l’internamento nei campi di concentramento hitleriani, ma al ritorno passò la sua vita nell’insegnamento e coltivando la memoria a favore di intere generazioni di giovani”.

Così, la senatrice a vita Liliana Segre ricorda la figura dell’indimenticato professore di Biancavilla, Gerardo Sangiorgio, prigioniero di guerra numero 102883/IIA nei lager di Neubrandenburg e di Bonn/Duisdorf, scampato ai nazifascisti e poi rientrato a Biancavilla dove è stato saggio e discreto educatore di tanti giovani che hanno avuto l’opportunità di formarsi e di cogliere tratti di un’umanità grande, sopravvissuta agli orrori nazifascisti.

Alla sua figura, lunedì 28 gennaio, verrà intitolata l’Aula Docenti dell’Istituto Tecnico Tecnologico “Rapisardi” di Biancavilla, su iniziativa del dirigente scolastico, degli insegnanti e degli studenti. Proprio l’ex “Industriale” è stato l’istituto in cui il professore cattolico Gerardo Sangiorgio ha svolto gli ultimi anni di servizio scolastico, tra il 1974 e il 1978. Da qui, il messaggio di Liliana Segre agli studenti per sottolineare l’importanza della memoria.

Straordinaria figura dispensatrice di ideali preziosi e valori irrinunciabili che dovrebbero tornare ad essere la bussola per il nostro Paese, Segre ha sperimentato sulla sua pelle le persecuzioni razziali nazifasciste ed è sopravvissuta alle atrocità dei campi di concentramento, in cui è stata deportata, insieme al padre, all’età di appena 8 anni. Il binario 21 di Milano, da cui partivano i vagoni per i lager, oggi è meta di tantissimi studenti che rifiutano la dilagante indifferenza e l’oscurità culturale del momento. Il suo instancabile impegno per le giovani generazioni, è stato riconosciuto dal lungimirante Capo dello Stato Sergio Mattarella che, appena un anno fa, le ha conferito la massima onorificenza per un cittadino italiano: il titolo a vita di Senatore della Repubblica.

 

“Ricordo ancora quando nel 1938 ascoltai per radio la notizia della promulgazione delle leggi razziali. – scrive Liliana Segre agli studenti di Biancavilla – Per me fu un trauma realizzare che ero stata “espulsa” dalla scuola. Perché? Che cosa avevo fatto? Mi fu spiegato che “si trattava di una legge che aveva stabilito che tutti gli ebrei dovessero essere ‘espulsi’ dalla scuola e da molte altre attività”. Ma che sistema è quello in cui una “legge” può stabilire una cosa del genere?” Interrogativi che rimangono scolpiti nella mente della senatrice a vita e che, forse, difficilmente, potranno mai avere una compiuta ed esaustiva risposta.

Da qui l’appello di seguire il modello del professore Sangiorgio: “solo un sapere condiviso e critico mette nelle condizioni di evitare la ricaduta in certi errori ed orrori. E proprio in quanto apre la mente al valore autentico di termini come “tolleranza”, “accoglienza”, “interculturalità”, “solidarietà” ecc. Tanto più che oggi in Europa siamo costretti ad assistere a sempre nuovi episodi di antisemitismo, di razzismo, di xenofobia. A tutto questo bisogna reagire, senza mai abbassare la guardia. Reagire certo con la denuncia, ma appunto anche con la cultura e lo studio. Essi costituiscono infatti, oggi e sempre, l’estremo antemurale contro coloro che hanno la forza ma non la ragione”.

Parole e considerazioni sempre attuali anche perché “una legge razzista presuppone sempre un ambiente razzista. Presuppone cioè un regime violento e repressivo, ma anche lo svilupparsi di un senso comune alienato che porta ad accettare provvedimenti in altri contesti inconcepibili. Anche le ‘persone normali’ sono responsabili delle leggi razziste, perché sono responsabili di quei comportamenti asociali, discriminatori, offensivi, di quella connivenza e indifferenza rispetto alla violenza”.

Come la Segre, anche Gerardo Sangiorgio è stato “testimone diretto” della shoah. Lui che non cedette alla promessa della libertà in cambio della sua adesione alla Repubblica fascista di Salò e, per questo, fu catturato dai tedeschi a Parma, quando la caserma, in cui prestava servizio, fu letteralmente invasa dai nazisti. Fu ammassato in treni in condizioni infime: “un solo sportellino per prendere aria e gettare gli escrementi dopo giorni di viaggio”, sottolinea il figlio, Placido Antonio Sangiorgio che, qualche anno fa, fece dono al nostro giornale Symmachia di una sua riflessione.

“Come potevano – si chiedeva fino all’ultimo Gerardo Sangiorgio – i tedeschi che tanto amavano i cani, o che avevano tanta cura per gli uccelli, lasciare morire così gli uomini. Così crudeli e dal cuore di pietra di fronte a un principio universale, elementare”.

Infatti, è in quei luoghi senza umanità, i lager, in cui Sangiorgio sopporta freddo, fame, umiliazioni (dagli sputi allo spegnere le cicche delle sigarette sulla pelle delle persone).

Ad accompagnarlo, durante tutta la sua esperienza, la fede in Dio, più forte di ogni cosa. Spesso, nel luogo in cui Sangiorgio trascorreva le sue giornate, una mano lasciava scendere un contenitore della spazzatura: dentro qualche rimasuglio di cibo, un po’ di pane, un po’ di vita.

Finita la guerra, riuscì a tornare a casa: per giorni, senza sosta, ad attenderlo alla fermata della littorina c’era suo padre. Completò gli studi e si dedicò all’insegnamento. Dopo anni, ricevette un encomio come “Combattente per la Libertà d’Italia”, a firma del presidente Pertini l’orgoglio di non essere stato un “collaborazionista”.

“Mi sono chiesto più volte – dice il figlio di Gerardo Sangiorgio, Placido Antonio – cosa avrebbe pensato mio padre, se avesse saputo che un giorno la sua vita, o meglio la scelta che pregiudicò per sempre “gli anni più belli”, avesse riscosso tanta curiosità e interesse nelle aule di scuola, proprio tra i ragazzi, che alcuni decenni prima – e per generazioni intere -, aveva profondamente amato e a cui aveva voluto consegnare una lezione profonda e sofferta di vita”.

 

TESTO DELLA LETTERA DI LILIANA SEGRE AGLI STUDENTI DI BIANCAVILLA

 

 

 

 

 

C’è l’ufficialità: Basilica e chiesa dell’Idria inagibili. Ecco i verbali dei tecnici

in Attualità di

La Basilica collegiata “Maria SS. dell’Elemosina” e la chiesa “Santa Maria dell’Idria” sono, da questa mattina, ufficialmente inagibili. Per questo, il sindaco Antonio Bonanno, con un’ordinanza, ne ha disposto la chiusura a “tempo indeterminato” fino a quando non verranno attuati gli interventi di messa in sicurezza utili al ripristino dell’agibilità.

Già all’indomani del sisma di magnitudo 4.6, con epicentro proprio a Biancavilla, i parroci avevano disposto la chiusura al culto delle due chiese in via cautelare. Adesso, arriva la chiusura forzata, per scongiurare rischi all’incolumità della gente.

L’inagibilità, certificata con l’ordinanza sindacale, fa seguito alle valutazioni dei tecnici della Protezione civile regionale, coadiuvati dal gruppo del reparto Tutela del Patrimonio Culturale dei Carabinieri e dagli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania.

Ecco cosa scrivono i tecnici nei verbali

Inevitabilmente, c’è un piano pastorale da rivedere. Per la chiesa Madre, le funzioni religiose domenicali verranno celebrate nel Teatro “La Fenice”, mentre quelle feriali nella chiesa del Purgatorio. Per la chiesa dell’Idria, tutte le celebrazioni si svolgeranno nel salone parrocchiale di via Gemma.

Intanto, ieri mattina, due parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno incontrato il prevosto don Agrippino Salerno: la senatrice Tiziana Drago e la deputata Simona Suriano hanno fatto un primo sopralluogo in Basilica Collegiata, annunciando l’attenzione del “Governo nazionale”, così come ha fatto sapere pure il vicepremier Luigi Di Maio mediante il deputato regionale Giancarlo Cancelleri.

In serata, invece, su indicazione dell’arcivescovo mons. Salvatore Gristina, il vicario generale dell’Arcidiocesi di Catania, mons. Salvatore Genchi, ha fatto un sopralluogo in Basilica. Vicinanza alla comunità ecclesiale di Biancavilla pure dall’arcivescovo emerito di Catania, mons. Luigi Bommarito.

Restiamo uniti! Il dono di essere comunità unita e forte

in Attualità di

Nella notte tra il 5 e il 6 ottobre chi più, chi meno, abbiamo tutti sperimentato, sulla nostra pelle, la paura più profonda. Sono stati attimi di terrore che, difficilmente, riusciremo a dimenticare.
Per fortuna, è andata così, senza danni alle persone: le conseguenze potevano essere più devastanti, rispetto ai pur gravi crolli di calcinacci, intonaci e lesioni in case, chiese e scuole.

Certo, fa davvero male sapere che il simbolo per eccellenza di Biancavilla, la nostra Basilica Collegiata, sia inagibile (almeno provvisoriamente), come pure almeno due scuole elementari che rischiano la chiusura al pubblico.
I tecnici e le autorità locali stanno svolgendo, ormai da lunghe ore, un delicato e importante lavoro: confidiamo anche in loro.
Il Comune di Biancavilla ha istituito un numero telefonico per segnalazioni di danni: 095.7711322: in poco tempo, sono oltre 300 le richieste dei cittadini per verifiche e controlli di edifici privati.
C’è da dire che lo sciame sismico ha prodotto tra il 5 e il 6 ottobre 50 scosse accertate, con intensità decisamente più lieve, con una magnitudo compresa tra 1.2 e 1.8, tutte localizzate tra Adrano, S. M. di Licodia e Biancavilla.

Alle prime luci dell’alba di domenica 7 ottobre altre due scosse registrate a Ragalna e a Biancavilla, quest’ultima di magnuto 2.3. Ed è stato accertato che proprio Biancavilla è stato l’epicentro della spaventosa scossa delle 2.33 di magnitudo 4.6 e della successiva di assestamento di magnitudo 2.5.
È chiaro che non scopriamo oggi l’alto rischio sismico del nostro territorio: per questo, occorre un investimento vero e proprio in prevenzione e in piani di evacuazione comprensibili ai cittadini: meglio un euro in più in sicurezza che in frivolezze. È un dovere morale e bisognerà metterci mano da subito.

Occhio a chi vuole speculare sul terremoto: pare che ci siano in circolazione alcuni uomini senza scrupoli che dicono di appartenere alla Croce Rossa per chiedere soldi e firme: non c’è nulla di vero, la Croce Rossa parla di sciacalli.

Questo è il momento dell’unità, bisogna stare tutti dalla stessa parte per non lasciarsi travolgere dalla paura: per questo, l’appuntamento di ieri sera allo Stadio comunale di Biancavilla ha visto una sorprendente partecipazione, un popolo che, probabilmente, ha riscoperto la bellezza di sentirsi una comunità. In centinaia si sono stretti ai Santi Patroni, eccezionalmente esposti alla venerazione dei fedeli, al campo sportivo, nel giorno che avrebbe dovuto segnare la conclusione dei festeggiamenti in onore della Madonna dell’Elemosina e dei santi martiri Placido e Zenone. Adesso, c’è una grande voglia di tornare alla normalità, ma bisognerà fare i conti con i tanti danni provocati dal sisma. 

Ad Adrano le scuole rimarranno aperte, come in realtà lo sono state – in modo inspiegabile – pure sabato scorso, a poche ore dallo spaventoso terremoto: ovviamente, in quel caso, le famiglie non hanno mandato i figli a scuola.

A Biancavilla, invece, dove i danni son ben più evidenti, buona parte delle scuole rimarranno chiuse: saranno aperte soltanto l’Istituto comprensivo “A. Bruno”, il plesso “Verga” di via dei Mandorli, la paritaria “Immacolata alla Badia”. Tutte le altre scuole, comprese quelle superiori, rimarranno chiuse. Inevitabile saranno i doppi turni, soprattutto per la scuola “Marconi” e la scuola “Verga”, presso Grassura di via Liguria dove si sono registrati i danni più evidenti. Il plesso “Don Bosco” rimarrà chiuso solo lunedì 8 ottobre. In ogni caso, farà fede la valutazione dei tecnici che, con l’Amministrazione comunale, stanno monitorando la situazione.

Danni pure per le chiese: la rettoria di Sant’Antonio presenta un buco nel tetto, quella di San Gaetano è piena di calcinacci: l’adorazione eucaristica giornaliera si svolgerà nella chiesa del Purgatorio. La Basilica rimarrà chiusa per i danni al transetto, alle volte, all’affresco della Cappella di san Placido. In questo caso le celebrazioni eucaristiche domenica si svolgeranno al Teatro “La Fenice”, mentre quelle feriali nella chiesa del Purgatorio. Chiusa pure la Chiesa dell’Idria: le funzioni religiose si svolgeranno nel salone parrocchiale di via Gemma.

Restiamo uniti!

Il segreto della felicità è guardare davvero

in Attualità di

Parlare di Carmelo Mazzaglia al passato è difficile. Il suo grande cuore fragile non si è fermato, continua a battere, a pulsare vitalità in chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, di ascoltarlo, di leggere le sue riflessioni: innamorato della vita, travolgente carica di entusiasmo, tenace guerriero di una battaglia culturale per l’integrazione e per il rispetto di chi vive la disabilità, oltre l’indifferenza, al di là di ogni barriera.

Carmelo vive, continua a vivere attraverso la sua grande eredità del coraggio, della semplicità, della normalità che, forse inconsapevolmente, lascia a ciascuno di noi.

Si è fatto testimone della bellezza del “dono più grande” che è la vita, pienamente vissuta, fino all’ultimo, accompagnato dalla malattia, la distrofia muscolare Duchenne, che l’ha messo a dura prova sin dall’età di 5 anni, senza mai sconfiggerlo.

Nella chiesa dell’Idria, pomeriggio, in tanti hanno voluto salutarlo per l’ultima volta, hanno voluto ringraziarlo, perché Carmelo, a soli 26 anni, è riuscito a conquistare grandi e piccoli, a riaccendere speranza e dare una spinta. Sì, quella spinta di cui proprio lui aveva bisogno, più di tutti,  per la sua carrozzina con cui ha girato, in lungo e in largo, per raggiungere più persone possibili: gli studenti delle scuole, coinvolti nella brillante intuizione dei “No limits games”, giochi di squadra accessibili a tutti; i componenti di diverse associazioni culturali del territorio: qualche anno fa, a Palazzo Bianchi, ad Adrano, è riuscito ad emozionare donne e uomini della terza età. Noi lo ascoltavamo incantati dalla sua serenità, dal suo sorriso disarmante; i ragazzi degli oratori dell’Annunziata, della chiesa Madre, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, del Rosario di Adrano: come ha ricordato padre Nino La Manna, proprio nella scorsa Pasqua, Carmelo ha scritto alcuni pensieri e ha letto i testi della Via Crucis. Fino al giorno prima di concludere il suo viaggio terreno, avrebbe dovuto incontrare i ragazzi dell’Acr dell’Annunziata, ma l’incontro è stato rinviato il fonte vento: faremo un’altra volta, aveva assicurato.

Impossibile trascurare il suo impegno sociale e politico, nella sua accezione più nobile: ha fondato un’associazione, “CittAccessibile”, che continuerà a vivere nel suo ricordo, ha collaborato con diverse testate giornalistiche, ha pubblicato due libri, ha incalzato il Sindaco di Biancavilla, con diverse proposte per rimuovere le barriere architettoniche, per migliorare la partecipazione dei disabili durante le festività patronali, per creare parchi gioco accessibili ai disabili, per dotare le scuole dei defibrillatori. Molte di queste idee sono state già realizzate.

C’è da dire che Carmelo ha potuto raggiungere tutti grazie anche ad una figura discreta, silenziosa ma determinante: la sua famiglia. Genitori meravigliosi che non si sono mai persi d’animo: il papà si è sempre messo al servizio del figlio, accompagnandolo con un pulmino idoneo in ogni suo spostamento, senza mai farlo pesare, né dall’uno né dall’altra parte. “Vorrei essere un figlio normale, come tutti gli altri. Senza creare problemi alla mia famiglia e senza che loro debbano vergognarsi di me”, spiegava Carmelo durante le sue presentazioni.

Con quella stessa discrezione, in punta di piedi, Carmelo se ne è andato, per raggiungere il Dio a cui si è sempre affidato, in cui ha confidato, di cui si è fatto testimone autentico.

E’ racchiuso in questo mistero il segreto della forza di Carmelo: guardare davvero alla vita per sperimentare la felicità, quella vera.

 

Pubblichiamo una poesia, diffusa pomeriggio dai volontari dell’Associazione CittAccessibile, dedicata a Carmelo: è lui stesso a sottolineare di aver trovato questo testo sul cuscino del suo letto, in Ospedale, senza aver conosciuto l’autore.  

Il segreto della felicità, a Carmelo…

La gente si lamenta che la Felicità è lontana.

Si lamenta dicendo che Persone Speciali e Magiche sono poche.

Si lamenta dicendo che Persone belle non ce ne sono tante.

Si lamenta perché cerca le belle cose e vuole tutto

nell’inutile apparente.

Si lamenta dicendo che non succede mai nulla di veramente bello.

Molte volte in giro incontriamo Persone che per la gente son nessuno,

nessuno perché per loro sono Disabili e nulla più.

Ma la gente se lo chiede mai se la Felicità esiste in quel nessuno?

Forse qualcuno sì, ma la maggior parte non crede che AMore e

Amicizia e Bellezza possano esserci nella Disabilità.

La maggior parte della gente non se lo chiede e non si da risposta.

Io che son piccolo mi chiedo e mi do una risposta a questa domanda.

Perché la maggior parte della gente non apre gli Occhi alla Felicità?

Perché si aggrappa al pregiudizio.

Il segreto della Felicità è guardare davvero.

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www.cittaccessibile.it

ELEZIONI, dati a confronto col 2013. Tutti i dati di Adrano

in Politica di

Affluenza definitiva Adrano.

Affluenza Camera dei Deputati: 57,82% pari a 16.042 votanti.

Affluenza Senato della Repubblica: 58,65% pari a 14.365 votanti.
L’affluenza del 4 marzo 2018 è perfettamente in linea con le elezioni 2013: 58,4% (ma si votava pure lunedì).
Nel 2008, ad Adrano, ha votato il 73,8% degli elettori.

ADRANO, RISULTATI DEFINITIVI SENATO

Movimento 5 Stelle: 51,26% (6.974 voti)
Forza Italia: 15,23% (2.072 voti)
Partito Democratico: 8,47% (1.153 voti)
Noi con l’Italia-Udc: 10,63% (1.146 voti)
Lega: 4,42% (602 voti)
Fratelli d’Italia: 4,45% (605 voti)
+Europa: 0,40% (55 voti)
Liberi e Uguali: 1,64% (223 voti)
Forza Nuova: 0,53% (72 voti)
Potere al Popolo: 0,37% (50 voti)
Lorenzin: 0,50% (68 voti)
Il popolo della Famiglia: 1,25% (170 voti)
CasaPound: 0,49% (67 voti)
Affluenza totale: 58,56%

ADRANO, DATI DEFINITIVI CAMERA

Movimento 5 Stelle: 50,98% (7.76 voti)
Forza Italia: 13,24% (2.019 voti)
Partito Democratico: 7,70% (1.174 voti)
Noi con l’Italia-Udc: 14,61% (2.229 voti)
Lega: 3,36% (512 voti)
Fratelli d’Italia: 3,81% (581 voti)
+Europa: 0,36% (55 voti)
Liberi e Uguali: 1,67% (254 voti)
Forza Nuova: 0,56% (86 voti)
Potere al Popolo: 0,27% (41 voti)
Lorenzin: 0,39% (60 voti)
CasaPound: 0,52% (79 voti)
Il popolo della famiglia: 1,19% (182 voti)

ADRANO PRIMI RISULTATI

ADRANO, SENATO 12/37 SEZIONI UFFICIALI: FLOP “NOI CON L’ITALIA-UDC”

Movimento 5 Stelle: 48,30%
Forza Italia: 16,99%
Partito Democratico: 9,54%
Noi con l’Italia-Udc: 11,90%
Lega: 4,23%
Fratelli d’Italia: 4,62%
+Europa: 0,29%
Liberi e Uguali: 1,08%
Forza Nuova: 0,52%
Potere al Popolo: 0,25%
Lorenzin: 0,47%

ADRANO, 7/37 Sezioni ufficiali per il SENATO

Movimento 5 Stelle: 49,87%
Forza Italia: 17,58%
Noi con l’Italia-Udc: 12,48%
Partito Democratico: 8,55%
Lega: 4,32%
Fratelli d’Italia: 3,40%
+Europa: 0,09%
Liberi e Uguali: 0,96%
Forza Nuova: 0,39%
Potere al Popolo: 0,13%
Lorenzin: 0,61%
Il popolo della famiglia: 0,92%

——–

SENATO – 4 SEZIONI UFFICIALI

+++COLLEGIO UNINOMINALE VERSO IL M5S+++

M5S: 49,08% (720 voti)
Forza Italia: 18,47% (271 voti)
Noi con l’Italia-UDC: 12,34% (181 voti)
PD: 9,27% (136 voti)
LEGA: 4,43% (65 voti)
Fratelli d’Italia: 2,32% (34 voti)
Liberi e Uguali: 1,30% (19 voti)

ADRANO CONFRONTO 2013

  CAMERA 2013 CAMERA

2018

SENATO

2013

SENATO 2018
 

PD

 

2.588 voti

 

2.196 voti

 

M5S

 

5.629 voti

 

4.342 voti

 

PDL

 

4.269 voti

 

 

3.511 voti

 

 

LEGA

 

12 voti

 

8 voto

 

Frat.d’Ital.

 

395 voti

 

408 voti

 

ForzaItalia

 

 

 

NOI-UDC

 

354 voti

 

 

GSud-Mpa

 

184 voti

 

 

530 voti

 

 

+EUROPA

 

 

 

LORENZIN

 

 

 

INSIEME

 

 

 

POT.POPOLO

 

 

 

F. NUOVA

 

27 voti

 

17 voti

 

CASAPOUND

 

 

 

SINISTRA EC. LIBERTA

 

146 voti

 

87 voti

 

PARTITO COMUNISTA

 

94 voti

 

76 voti

 

SCELTA CIV.

 

807 voti

 

 

759 voti

 

 

Affluenza sotto il 50%: vince l’astensionismo. Ecco tutti i dati

in Politica di

di Vincenzo Ventura

L’unica vittoria certa, al momento, è quella dell’astensionismo, con 1 siciliano su 2 che ha scelto di non andare ai seggi. Rimane, così, sotto la soglia del 50% l’asticella della partecipazione, ferma al 46,76% pari a 2.179.474.

Come è già accaduto nel 2012 (47,41%), si fa sempre più netta la distanza tra gli elettori e la politica, incapace di raggiungere la gente. E dire che, in questo caso, l’offerta politica è stata molto variegata: da Musumeci che ha rimesso insieme tutto il Centrodestra all’insegna dei vecchi tempi, a Fava che, richiamando i cento passi di Peppino Impastato, ha suscitato molto l’attenzione dei più giovani, passando per Cancelleri con il Movimento 5 Stelle, non più e non soltanto forza di protesta ma anche di proposta politica, senza dimenticare i meno conosciuti in assoluto di questa competizione: il rettore dell’Università di Palermo Micari, che, adesso, finalmente, potrà andare in viaggio di nozze, e il “piccolo” di Annunziata memoria, Roberto La Rosa che aveva immaginato l’indipendenza della Sicilia.

Non c’è stato l’atteso exploit di elettori ad Adrano (41,84%) e Biancavilla (48,48%) per la presenza di alcuni candidati locali: ad Adrano, Giovanni Bulla per l’Udc,  Tina Di Primo per Alleanza Popolare (il partito del sindaco Ferrante), Pieruccia Giovanna Castiglione per il PD, mentre a Biancavilla, nelle fila di Forza Italia spiccava Mario Cantarella. Ciò non significa che questi candidati non faranno la differenza al netto dei voti che stanno per essere scrutinati. Leggermente più alta l’affluenza a Paternò (51,6%), dove si misurano otto candidati: Sinatra, Galvagno, Rapisarda, Ciatto, Rau, Sapienza, Carciotto, Crupi.

Il migliore risultato è quello di Belpasso (58,15%), più alto rispetto al 2012. Probabilmente qui ha funzionato l’effetto trascinamento dei candidati locali: Papale, Zitelli, Ciancio.

Questi i dati per i sei Comuni del comprensorio, selezionati da Symmachia.it.

ADRANO: 41,84% pari 14.857 votanti (nel 2012: 44,9%);
BIANCAVILLA: 48,49% pari a 10.433 votanti (2012: 51,74%);
BRONTE: 47,35% pari a 8.999 votanti (2012: 49,23%);
PATERNO’: 51,6% pari a 21.332 votanti (2012: 49,49%);
S.M. LICODIA: 53,11% pari a 3.512 votanti (2012: 51,7%);
BELPASSO: 58,15% pari a 13.285 votanti (2012: 54,55%);

Catania: 49,5% pari a 131.054 votanti (2012: 45,55%);

Sicilia: 46,76% pari a 2.179.474 votanti (2012: 47,41%).

La maestra Mela e la sua lezione di vita

in Attualità di

“Da una tragedia, rinasce la vita”, ha scritto sui social una collega di Mela Politi, l’insegnante di Adrano morta a 61 anni, giovedì pomeriggio, all’ospedale “Cannizzaro” di Catania, dopo essere entrata in coma irreversibile, in seguito ad una emorragia cerebrale.

Una storia che ha toccato il cuore di molti, soprattutto di coloro che hanno avuto modo di apprezzare la gentilezza d’animo della maestra Politi e di sperimentare la sua generosità che l’ha contraddistinta fino alla fine: Carmela Politi sarà sempre ricordata tra i primi donatori di organi della città di Adrano. Un gesto d’amore che contribuirà a far rinascere la speranza in coloro che aspettano un trapianto.

I suoi reni e il suo fegato sono stati espiantati dall’equipe medica del “Cannizzaro” e dell’Ismett di Palermo: la maestra Politi è la decima donatrice di organi all’ospedale catanese, nell’ultimo anno. Ciò è stato possibile grazie alla sensibilità e al consenso espresso dalla sorella, Maria Grazia, e dai familiari. Sono stati loro, in un momento di grande dolore, a rispettare una scelta che Mela Politi, in vita, aveva valutato e comunicato anche a qualche collega. Insomma, un testamento d’amore, una lezione di vita per tutti. A cominciare dai più piccoli, dai suoi amati alunni della Terza D e della Terza E del Primo circolo didattico “Sante Giuffrida”, dove ha insegnato sino a pochi giorni fa. Fino a quando un malore improvviso non l’ha sottratta all’affetto dei suoi cari e di chi la conosceva.

Una persona semplice e umile, particolarmente legata alla famiglia e ai suoi nipoti, Renata e Nicolò, un’educatrice amata e apprezzata dagli alunni e dai genitori, per i suoi modi sempre garbati e premurosi.

Sono parole sincere, quelle che utilizziamo per ricordare Mela Politi, perché sono diversi gli episodi che legano anche l’associazione Symmachia alla sua persona, momenti vissuti che affiorano alla mente. Come non ricordare, le parole d’affetto che rivolgeva ai più giovani di Symmachia durante le fasi di stampa del giornale che, in pratica, avveniva a casa sua, in un locale generosamente messo a disposizione dalla famiglia Lucifora. Se scorgeva il rumore della stampante, non faceva mancare mai il suo saluto e il suo sorriso. Quel sorriso che custodiremo per sempre.

 

Ai familiari il cordoglio di Symmachia. 

Giuseppe Coco, umorismo e surrealismo s’incontrano

in Homines di

Nel giugno 2008 a Biancavilla è stata inaugurata l’esposizione permanente del disegno satirico e umoristico di Giuseppe Coco. Un vero e proprio gioiello dell’opera grafica del cartoonist di costume conteso negli anni ‘70 e ‘80 dalle più note e diffuse testate europee.

Lo abbiamo intervistato nel suo “museo” per una speciale visita guidata. Un modo per parlare estemporaneamente di arte e letteratura, di ricordi e nostalgie, di segreti e ammiccamenti…

 

Maestro, vignette e tavole: qual è la differenza? C’è un rapporto gerarchico tra le due? E Coco verso quale si sente più congeniale?

Naturalmente verso la tavola, perché permette un’espansione maggiore. Si ha come l’impressione di realizzare un affresco. La vignetta, invece, per sua natura, è più richiesta dalle agenzie. Vengono fatte diverse copie e distribuite  nei giornali. E soprattutto occupa uno spazio minore. Specie in Italia, le vignette, sempre in orizzontale, occupavano 12×7 cm. Io le amavo moltissimo.

 

Quando mi commissionavano delle vignette, io mi ponevo un tema e poi le realizzavo. Intorno agli anni Settanta sono cominciate le tavole a colori e ho cominciato con Playmen. Ricordo che il direttore Luciano Oppo mi telefono: “Coco, ho visto delle tue cose, ma a me le vignette non interessano. Voglio delle tavole a colori con una gag. Voglio che si allontanino il più possibile dalla vignetta”. E così sono nate le mie opere. Le tavole per Playmen sono dei quadri veri e propri.

 

Lei ha utilizzato sia la tecnica con i colori a tempera che il bianco e nero: tra le due c’è una differenza?

La differenza è sostanziale: nel bianco e nero i piani o la prospettiva la trovo tramite un tratteggio, quindi una via di fuga per quello che tu disegni: c’è un primo piano e poi il tutto converge in fuga, come in un imbuto, nel colore c’è solo il tratto, mentre il chiaro-scuro e la fuga delle cose rappresentate sono fatte col colore. Un vero disegnatore si riconosce dal disegno perché il colore aiuta (e fuorvia) moltissimo. Ad esempio, mentre un colore caldo forma un piano, uno freddo forma lo sfondo, nel bianco e nero questo non c’è, si ha solo il tratto nero.

Io mi divertivo un mondo a fare le tavole in bianco e nero, utilizzando diversi segreti. Utilizzavo un pennino grosso, un Perry e un Atom, pennini che non si utilizzano più, perché oggi nessuno disegna. Nel disegno c’è tutto. L’illustrazione, la vignetta, i cartoni animati hanno preso la supremazia su certi valori plastici.

Ricordo che in seguito ad un film stupendo, Il mistero Picasso di Henri Clouzot, film che circolava negli anni Sessanta, si tenevano diversi dibattiti. C’era chi sosteneva: “Più che un pittore, Picasso sembra un disegnatore” e chi ribatteva, e io condivido la risposta, “e chi se ne frega!” (ride, ndr).

Con ciò si vuole dire che quando un disegno dice tutto è superfluo aggiungere altre cose. C’è un quadro che considero bellissimo Donna piangente di Picasso dove è possibile vedere tutte le smorfie, le rughe, le lacrime di una donna.

Questo è un disegno colorato e a nessuno interessa se ha usato il chiaro-scuro perché è tutto un disegno ed è importante che si è riusciti nel comunicare ciò che si voleva comunicare.

 

Quindi tra un pittore e un disegnatore c’è differenza?

Per me Picasso rimane il più grande disegnatore del mondo, ma ciò non vuol dire che l’essere disegnatore lo escluda dall’essere anche pittore.

 

Queste 86 tavole hanno un ordine logico?

Non nell’ordine di numerazione. C’è una coerenza nello stile e una differenza nel soggetto, perché è tutto subordinato al tema. Ad esempio, se io devo disegnare una persona chiusa in una stanza, escludo la folla. Nella folla, nella frantumazione di tutto il disegno io mi riconosco.

 

Ma c’è un’evoluzione?

Si, nel tratto c’è un’evoluzione!

 

Secondo lei, dove è ravvisabile la maggiore evoluzione?

Per me è cominciata nel ’72-’73 con Playmen, con il piacere morboso di disegnare. Lì ti senti padrone del disegno. Questa padronanza te la dà il disegno in bianco e nero, infatti non sempre sono capace di disegnare in bianco e nero. E’ come se volessi entrare dentro col fare il rilievo, la prospettiva e poi io faccio delle false illusioni di fuga, e tutto ciò mi diverte infinitamente. Un vero artista si vede nel disegno. Quando uno non sa disegnare lo si vede benissimo.

 

Da Biancavilla a Milano il passaggio è forte. Oggi cosa le manca di Milano? E quando si trovava a Milano cosa le mancava di Biancavilla?

Di Biancavilla non mi mancava niente! Neanche di Adrano: nemmeno per idea, anche se io ho un “ramo ‘ddurnisi”, mio nonno.

Negli ultimi anni tornavo qui perché avevo un giardino. E qualcuno mi chiedeva: “torni qui per le tue radici? E io rispondevo “sì, sì per le radici… del mio giardino!” (si ride, ndr).

Io credo molto nell’intelligenza dei siciliani, come radice. Ma i siciliani attraversano periodi in cui sono distratti da tanti problemi. Qualche volta incontro qualcuno che sa cosa è l’Arte. Il resto non è che non la capisce, non gliene importa niente… ha altri interessi.

 

L’infanzia di Coco a Biancavilla come è stata?

Brutta, perché avevo dei fratelli più grandi che giocavano a palla. Però, non c’erano soldi e usavano un barattolo. Io ero piccolo e non capivo. Mi dicevano di fare il portiere e mi mettevano tra due sacchi che facevano la porta. Credevo che dovessi parare… E invece ho scoperto che chi mi colpiva segnava un punto! Infatti, ho una cicatrice sul braccio e altre quattro, cinque cicatrici in testa. Ho sempre avuto l’impressione che volessero farmi fuori!

 

Andando a Milano, che aria si respirava?

Era tutto bellissimo, perché era tutto in crescita. Ma ho dovuto lottare. Prima abitavo in pensioni, nel ’63 avuto il contratto finalmente potevo permettermi una casa…

 

deperimento organico. Insomma, il rischio c’è ed è forte. E’ un’avventura insomma. E io ero turbato quando dicevano sottovoce, indicandomi, “quello è un professionista”. E dicevo tra me e me: “forse ho sbagliato. Adesso mi impiego!” (ride, ndr)

 

Quali erano gli artisti più in vista?

Il periodo veramente creativo a Milano è stato il movimento di pittura astratta. Tra i  fumettisti c’erano Guido Crepax, Dino Battaglia e Hugo Pratt. Tra i disegnatori c’era Cavallo.

Quando io ho cominciato a pubblicare su Playmen ho cercato di fare qualcosa di diverso. E questo mi è stato riconosciuto. Peccato che oggi non ci sono più  giornali votati alla grafica. Ecco perché io dico che questi disegni (indica le opere esposte a Villa delle Favare, ndr) ci rappresentano veramente, noi viviamo di questi. Il fare classico è morto e sepolto.

 

I cattivi maestri di Coco quali sono stati?

Anche se li cito nessuno li conosce… Sono intellettuali che hanno scritto e che hanno una visione del mondo, non dico completamente trasversale, ma un po’ diagonale. Sono dei mistici orientali: Tilopa, Milarepa, ma anche scrittori come Franz Kafka, nel quale mi riconoscevo. Poi, a 16-17 anni avevo letto tutto Allan Poe. Invece i pittori che mi hanno turbato sono Franz Kline, ma non per la pittura, perché lui non dipingeva ma faceva delle macchie, difatti è il pittore più copiato.

Quando nell’86O-’87O muore l’ancien regime c’è una rivoluzione industriale, e quello che viene a mancare è la necessità di rappresentare la cosa. Questa è la radice dell’arte astratta e cioè la pittura non come rappresentazione, ma come espressione, quindi si arriva al novecentocinque con Kandinskij, per poi arrivare a Picasso. I grandi maestri sono questi. Io a 14 anni ebbi

 

una crisi e smisi di disegnare anche per il fatto di avere dei cattivi maestri che mi dicevano cosa dovevo fare. A Lucca abbiamo constatato che io, Giraud e Crepax, abbiamo avuto tutti la stessa crisi adolescenziale, in cui nessuno per qualche anno ha più disegnato. Perché disegnare copiando è di una banalità, e di una stupidità fortissima. Poi a 15 anni scopri la fantasia e sei libero di fare ciò che vuoi. A me colpì Picasso e ripresi a disegnare.

 

Tra le mostre c’è qualcuna che ha segnato una tappa fondamentale?

Sicuramente la mostra del ’68, quella della Pop-art a Venezia. A Milano c’era persino la difficoltà di riuscire a vedere tutte le mostre: ce n’erano così tante in città… A Palazzo Reale ci sono state delle mostre davvero interessanti, come quelle dei Surrealisti o di Renè Magritte.

 

Fondere l’umorismo con il surrealismo è cosa semplice?

Sono parenti. Io agisco con delle similitudini grafiche, perché se, per esempio, io realizzo di tre quarti una figura appoggiata, mi dà lo spazio per mettere altre due braccia e il soggetto risulta appoggiato su tre braccia. Questo può essere una gag, ma anche surrealismo. Ma potrebbe essere anche una scena dolorosa come l’autoritratto che ho fatto e che è qui esposto.

C’è una famosa fotografia di Gadda dalla quale ho tratto lo spunto per una mia opera. Ho rappresentato un soggetto, un mostro con sette dita che si copre il volto per non vedere il mondo. Non c’è un surrealismo alla Andrè Breton, nel quale in modo ortodosso si interpretano gli archetipi dell’incontro collettivo, questo lo fa Renè Magritte.

C’è un surrealismo psicologico che in qualche modo ti colpisce. Altrimenti non si spiega quel quadro bellissimo di Salvador Dalì dove c’è una siepe e c’è un cucchiaio che esce come un serpente.

 

La donna è stata oggetto privilegiato delle sue opere. Come mai?

Perché gli uomini vengono attratti dalle donne e viceversa. Io l’ho disegnata per diciotto anni per Playmen. Incominci a divertirti. Poi se tu disegni il nudo di donna è sempre un nuovo piano architettonico che fai. L’uomo non presenta alcuna attrattiva.

 

Cosa è stata, cosa è e cosa sarà l’Italia del fumetto?

Adesso il fumetto è diventato stupido, più violento. Prima c’era eleganza. Poi ho visto i fumetti dei miei nipoti stile

sono brutti e di una violenza inaudita.

Oggi non ci sono giornali che pubblicano fumetti. C’è Famiglia Cristiana che pubblica le vignette con disegnatori uno peggiore dell’altro. C’è il culto del disegno, della personalità, del personaggio disegnato. Ho lavorato talmente tanto e qualche amico di Milano dice “perché non li raccogli?” Ma cosa raccolgo?!, ci vorrebbe un Palazzo. Questa esposizione è infatti il meglio di Coco ed è bene dire così perché questi presentati, sono i lavori più ricercati. Fatti per essere esposti e visti, cosa che a me non dispiace.

 

Il piacere di dipingere di disegnare c’è e c’è sempre. Ma quando si lavora su commissione e magari non è nelle sue intenzioni, come riesce a distaccarsi dal tema che magari non preferisce?

Se uno commissiona il più delle volte si sta a metà strada per accontentare il cliente. Quando qualcuno mi commissiona un disegno è perché ha visto in precedenza delle opere. Io mi esaltavo quando qualcuno mi ordinava delle opere, dopo aver visto i miei lavori.

Nel ‘66, quando incominciavo ad essere notato, il Corriere dei Piccoli mi ordinò dei disegni che, obiettivamente, erano abbastanza grandi, e Cassio Morosetti, quasi sospettando che cosa avessi realizzato mi disse: “Coco fai delle bozze e poi mi mostri il disegno”. Ciò perché potevo approfittare dello spazio messo a disposizione per fare e dare spazio alle mie idee, alla mia creatività. Questo loro non lo volevano, perché avevano visto delle tipologie di disegno e volevano proprio quei temi tradizionali. Questo è il meccanismo dell’ultimo Peppino Migneco, che dipinse per cinquant’anni cesti con i “masculini” fino a quando non si stufò. Il suo committente gli disse che la richiesta era proprio quel tipo di lettura, altrimenti non avrebbe rinnovato il contratto e lui rimase costretto a dipingere quel tipo di ceste con il pesce.

Ciò vuol dire che quando si vive dell’Arte è necessario dimenticare l’Arte, per poi entrare nelle opere comunque, se questa c’è.

Quando stavo a Biancavilla pubblicavo sul Travaso, che mi dedicava delle pagine e non sapeva che avevo 17 anni. Quando sono arrivato a Milano ho dovuto cancellare tutto perché nelle grandi città ci sono “nuovi riti, nuovi miti” e quello che conta anche nei contratti delle grandi gallerie è il denaro. Si finisce per diventare dei geni senza una lira in tasca. Se l’Arte c’è questa entrerà comunque nell’opera.

 

Un artista sceglie anche il suo target: Coco è per l’elite o per la massa?

Io sono per tutti e due. Solo che a volte non ci riesco. Ma l’ideale è questo. Gli scrittori ci riescono meglio, mentre nel disegno è più difficile. Don Chisciotte è un romanzo di successo perché, tu che sei anche archeologo (riferito a Placido Antonio Sangiorgio), è una tettonica a strati. C’è uno strato che è quello dell’avventura, della comicità. Poi ci sono altri strati… c’è anche la storia delle società segrete in Europa. Perché quando lui entra nel mondo magico degli eroi, c’è un dormitoio pubblico di cavalieri erranti morti.

L’altra sera sono giunto alla conclusione che gli insegnanti che fanno concludere i corsi sono i professori cretini, quelli bravi vengono richiamati dal Preside e mandati.

 

Questo museo a chi è affidato idealmente? Chi è il destinatario privilegiato di questo Museo?

Ai cittadini di Biancavilla. L’ideale sarebbe questo.

Nella seconda pagina del contratto stilato ho voluto fare una donazione ai biancavillesi.

 

Il fatto che così tanti giovani facenti ad un periodico siano qui, a ritrovarsi per conoscere Coco non è di poco conto…[coco.JPG]

Il messaggio nelle opere è tutto evidente, c’è una radiografia dell’autore. Si deve cercare attentamente cosa è disegnato e come è disegnato. L’autore, io, non conto proprio niente. Contano di più i miei disegni, la mia radiografia è lì (indica le opere) e c’è anche la mia visione del mondo.

 

Al maestro Giuseppe Coco i più sinceri ringraziamenti ed apprezzamenti per averci fatto dono di un incontro esclusivo di alto profilo culturale e dell’opportunità di pubblicare una sua opera in questo Speciale di Symmachia.

 

 

 

 

 

Burtone in Parlamento: “speculazione sui prezzi dei prodotti agricoli. Governo disattento”

in Bacheca di

Approda alla Camera dei Deputati, la triste vicenda del divario dei prezzi degli agrumi, tra l’acquisto dal produttore e la vendita nei grandi mercati. E’ stato il deputato catanese Giovanni Burtone del PD a presentare un ordine del giorno che è stato votato favorevolmente, nonostante il parere contrario del Governo Renzi. Non a caso, lo stesso Burtone ha parlato di “Governo disattento”, rivolgendosi anche al sottosegretario all’Agricoltura, presente in Aula, rispetto ad una problematica annosa che affossa l’economia dei piccoli produttori agricoli a vantaggio della grande distribuzione, specialmente al Nord. E’ uno “spread” che, effettivamente, non può essere più tollerato.

“Oggi, gli agrumi, in Sicilia, si acquistano a 0.25 centesimi di euro al chilo e si rivendono nei mercati, a 2.50 euro al chilo – ha detto Burtone alla Camera –  chiedo l’attenzione del Governo: occorre contrastare la speculazione che penalizza il settore agrumicolo siciliano”.

Da qui, la proposta dell’on. Burtone presentata nell’ambito del provvedimento sulla tracciabilità ed etichettatura dei prodotti: “si deve istituire un osservatorio sui prezzi presso la Camera di Commercio di Catania al fine di monitorare costantemente l’andamento del prezzo degli agrumi siciliani”, ha spiegato Burtone che, su questo punto, ha chiesto al gruppo del PD alla Camera un voto unanime.

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