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Antonio Cacioppo - page 2

Il precariato in Sicilia, storia di abusi e di attese

in Antonio Cacioppo di

Ci siamo imposti un profilo basso per evitare di dare l’idea di strumentalizzare la vicenda dei precari di Adrano. Prendere carta e penna è, per chi scrive, difficile; trovare le parole ancora più difficile, ma non è più possibile restare in silenzio perché il problema va oltre la situazione contingente delle persone in questione e investe settori sempre più ampi della società.

Non si entrerà nel merito di questa vicenda da un punto di vista tecnico, ma si cercherà di capire cos’è il precariato e perché è così diffuso e se c’è un modo per uscirne.

Il contesto politico nazionale non è certo dei migliori per i precari in lotta. La Giannini, ministro della Repubblica, osserva che “dobbiamo tendere sempre di più verso un modello americano, in cui la flessibilità, che è sinonimo di precarietà, è la base di tutto il sistema economico”. Precario è bello, questo sembra essere il pensiero unico dei nostri governanti.

La parola precariato deriva dal latino Prex-Pregis-Preghiera, l’etimologia è la cifra dell’epoca in cui viviamo dove la distruzione dei diritti è la norma accettata e sancita anche dalle parole. Il precariato è anche la cifra della società liberalcapitalista che determina schiavitù e sfruttamento attraverso la istituzionalizzazione di due contrapposte posizioni. Da una parte i dominanti che impongono una condizione lavorativa precarizzata, utilizzando l’arma terroristica del taglio dei trasferimenti economici e dall’altro il soggetto debole, il precario, che non può contrattare a causa della spada di Damocle che pende sulla sua testa: il ricatto della eventuale stabilizzazione

Il precario viene,così,messo nelle condizioni di dover sperare che qualcuno lo aiuti in cambio di consenso politico: posti in cambio di voti.

Tutto questo fino ad oggi, perchè il problema è sempre stato rimosso e confinato all’interno di una minoranza di siciliani, poco più di ventimila persone che sono sopravvissute grazie ai trasferimenti regionali, ma il taglio di queste risorse ha fatto esplodere il problema in tutta la sua drammaticità.

Ad Adrano si parla, ormai, di forme di lotta estreme come lo sciopero della fame.    

Da questo momento in poi i problemi di una categoria travalicano i confini di classe e investono l’intera società. Assistere alla lotta dei precari è come intraprendere un viaggio nel futuro, il futuro dei nostri figli, destinati,se non si reagirà,ad essere una generazione senza diritti che subirà un sistema che fa della macelleria sociale il suo credo. Non difesa, quindi, di una minoranza, ma rivolta contro un sistemaNon difesa, quindi, d’ufficio ma lotta anche per i nostri figli.                                                                                                        

Il crimine più grande che un sistema può compiere è quello di privare gli uomini del proprio futuro. Il precario non potendo progettare non ha futuro. Non ha la possibilità che hanno avuto i nostri padri di sognare una società migliore ma è costretto al disincanto e alla rassegnazione.

Però da qualche giorno si avverte qualcosa di nuovo. I precari di Adrano non si sono rivolti ai potenti e ai politici, a coloro cioè, che hanno creato la loro condizione di subalterni, ma si organizzano, occupano l’aula consiliare non più “sorda e grigia” ma attenta, almeno per alcuni consiglieri d’opposizione, a recepire le loro istanze, costringono il sindaco ad uscire dalla “tana” di Palazzo Bianchi e a confrontarsi. I precari hanno capito che il prossimo passo sarà quello di strutturarsi, di organizzarsi per una forma di riscatto.   

I precari che lavorano da decenni in un Comune facendo funzionare gli uffici sono “lavoratori di fatto”, sono lavoratori “a tempo indeterminato” come gli altri lavoratori comunali stabilizzati molti anni fa.

Quale sarebbe l’alternativa, farli morire di fame sull’altare della spending review?

Questo non accadrà se la società tutta, i loro colleghi per primi, faranno sentire loro la vicinanza e la solidarietà a questi uomini e a queste donne che lottano non solo per i propri diritti ma anche per i diritti di tutti. Pertanto, da parte di tutti noi, prendere una posizione a loro favore è non solo doveroso ma d’obbligo.   

Antonio Cacioppo

Compleanni, querele annunciate e un “buco” di 27 milioni di euro al Comune di Adrano

in Antonio Cacioppo/Politica di

Siamo ormai nel bel mezzo di una crisi non più solo politica e sociale ma anche economica che sta mettendo in ginocchio Adrano.

E’ ormai certificato: il “buco” del Comune è di 27 milioni di euro. Avete capito bene: questa lungimirante classe dirigente non ha saputo gestire le risorse. Di fronte a questo disastro la nostra classe politica ancora tentenna, parla d’altro, fa il gioco delle 3 carte: colpa tua, colpa loro, colpa di chi ci ha preceduto.   Ma andiamo con ordine.

Nota n. 37972 del 30 novembre 2015, il Ministero dell’Interno risponde alla richiesta del Comune di Adrano di differimento del termine per la trasmissione della certificazione del bilancio di previsione 2015.

La risposta a tale richiesta è negativa. Le inadempienze dell’Ente sono state certificate dalla nota del Ministero.

ESCLUSIVO SYMMACHIA.IT

Nota Ministero

Perchè questi ritardi, perchè queste inadempienze? La risposta è ovvia, non ci dilungheremo più di tanto. Questa classe politica è peggiorata progressivamente, se questo è possibile, essa è ormai incapace di espletare compiti automatici e fondamentali come quello di rispettare le scadenze di atti come quello del bilancio, sia esso preventivo che consuntivo.

Potremmo approfondire queste considerazioni ma abbiamo promesso di non dilungarci. Bisogna, però, dire che mai e poi mai avremmo immaginato alcuni “veri” motivi del ritardo del Comune nell’approvare il bilancio preventivo 2015. Tutto quello che diremo è roba da non credere, ma è accaduto in una riunione ufficiale alla presenza del Sindaco e dei Consiglieri di maggioranza e d’opposizione. In quella riunione il Sindaco invitava i Consiglieri d’ opposizione ad “ad un forte gesto di responsabilità” e auspicava che “il terreno della corretta battaglia politica non sia rappresentata dalla negazione delle legittime aspettative dei soggetti deboli”.

Caspita che parole! I Consiglieri, tutti commossi, promettevano di riflettere per poi dare una risposta a cotanto appello. Anche in questo caso non stigmatizzeremo il fatto che la riunione fosse stata pretestuosa perchè aveva come scopo principale quello di scaricare sull’opposizione l’incapacità dell’Ente nel rispettare le scadenze e di nascondere l’entità della voragine debitoria. In detta riunione, improvvisamente, prendeva la parola l’Assessore che viene dai “monti”, l’Assessore Sapia. Cosa diceva la Sapia? Diceva che la colpa dei ritardi era da attribuire alla sfortuna: infatti, la data ultima indicata dal Ministero per ottenere i trasferimenti, era quella del 16 Novembrema un Consigliere compiva gli anni. Porca miseria, che sfortuna!

Per la cronaca, l’Assessore ha fatto pure nome e cognome del Consigliere ma a noi non interessa, perchè, conoscendo il Consigliere, non riteniamo possibile una simile vicenda. Noi non crederemo mai  ad una favola del genere, non è possibile, specialmente se il Consigliere in questione è una persona seria, giovane, studioso della Pubblica Amministrazione e competente come a noi risulta.

Ma ammesso e non concesso che il racconto della Sapia fosse vero, la “responsabilità” sarebbe da attribuire al consigliere giovincello o, piuttosto, ai vertici della macchina comunale? Gli stessi vertici che sono arrivati all’ultimo giorno possibile per l’approvazione del bilancio, senza peraltro rispettarne la scadenza?

E ammesso e non concesso che la Sapia abbia fatto quella narrazione (e l’ha fatta, come avrebbe tentato di ricordare anche il giovane consigliere Perni in Aula, l’8 dicembre scorso), perchè l’ha fatta? Per un eccesso di sincerità? Per stizza verso una situazione incresciosa? Per mettere in difficoltà un componente della sua stessa maggioranza? Non è dato sapere. Ma una cosa la sappiamo per certo: sulle teste dei cittadini di Adrano pende una spada di Damocle sotto forma di 27 milioni di euro. E di questo che, noi, continueremo a parlare: il gossip, le minacce più o meno velate, le lezioni di giornalismo, le lasciamo ad altri…

Antonio Cacioppo

Le dimissioni del presidente del consiglio. Una famelica schiera di eletti che al concetto di partecipazione democratica ha sostituito quella della spartizione delle poltrone

in Adrano/Antonio Cacioppo/Politica di

di Antonio Cacioppo

Al signor Sindaco, al segretario generale, al vicepresidente del consiglio comunale: …. Il sottoscritto con la presente comunica le immediate ed irrevocabili …. sapete cosa c’è scritto – dalla carica di Presidente Comunale … Siccome assieme a me questo percorso l’hanno fatto tanti amici miei … io ritengo che questa lettera (n.d.r. lettera di dimissione) la debbono avere gli amici … Solo che non li vedo in aula …. Non è un problema”. Sorvoliamo sulla forma , il neopresidente si confonde per l’emozione e si dimette , ma quello che impressiona di più è lo spregio alle istituzioni che dovrebbe rappresentare nel rimettere nelle mani dei suoi amici di cui ,come comica finale , fa nomi e cognomi , il mandato di Presidente del Consiglio di Adrano. Roba da non credere le istituzioni considerate come se si trattasse di “cosa loro” Ma questa è storia vecchia ,veniamo al presente. Dopo l’elezione del Presidente del Consiglio , la luna di miele con Ferrante dura poco, i rumors provenienti dal Palazzo narrano di un Zignale con i suoi amici ostile nei confronti del sindaco perché quest’ultimo non cambierebbe “passo” . La crisi scoppia il con l’uscita dei consiglieri comunali di Azione Civica dalla maggioranza. Le motivazioni addotte dagli “amici”, riguardano soprattutto i problemi della raccolta dei rifiuti. La verità, a nostro avviso, pensiamo stia altrove: il tanto auspicato “cambio di passo” non altro sia che l’alibi che servirebbe a nascondere l’esigenza di occupare altre POLTRONE. Il teatrino della politica si caratterizzerebbe come azione di certe congreghe di amici da bar che si aggregherebbero in base all’ottenimento di eventuali presidenze, posti nelle municipalizzate, delibere da esitare con molti zeri, esperti da nominare per saziare la fame di certi onorevoli di Catania. Siccome sembra che alcune di queste richieste non siano state, almeno finora, soddisfatte, si sarebbe aperta la crisi, ma siccome non è possibile ammettere pubblicamente il vero motivo ammanterebbero la loro azione con nobili motivi: “per il bene del paese”. Ma quello che colpisce di più è il silenzio del sindaco che non risponde, almeno pubblicamente, agli “amici” e non informa la città se risponde a verità, la tesi di Azione Civica e cioè che l’Amministrazione è incapace di affrontare il problema della raccolta dei rifiuti o piuttosto che l’altra possibile verità che non si riesce a placare la famelicità dei questuanti. Non spiegando e informando la città, il Sindaco si assume una grande responsabilità: tratta le istituzioni come se si trattassero di “cosa sua”.
Sembra di essere alle solite una muta di questuanti che circonda le istituzioni alla ricerca disperata di “posti”. Il Sindaco sotto assedio, resisterebbe disperatamente, perché forse si renderebbe conto che se li accontentasse, loro, i cacciatori compulsivi di poltrone sono come la lupa di Dante Alighieri nel primo canto dell’ Inferno : e ha natura sì malvagia e ria, ed ha una natura così malvagia e cattiva, che mai non empie la bramosa voglia, che mai non sazia la sua smodata avidità, e dopo ‘l pasto ha più fame che pria. e dopo il pasto ha più fame di prima. Solidarietà al Sindaco, verrebbe da dire, salviamo il soldato Ryan, se anch’egli non fosse “complice” di detta situazione. Le trattative segrete, ma note a tutti sembrerebbero riavviate, con da una parte Ferrante assediato nel suo fortino di palazzo Bianchi e dall’altra le truppe cammellate degli “amici” che forti della politica del ricatto (fare mancare la maggioranza in consiglio) contrattano dopo le dimissioni da una posizione di forza. Al di là dell’ilarità che questa storia potrebbe ingenerare o dei giudizi morali che in questa sede non ci interessano, questo mercimonio dovrebbe essere visto per quello che sembra essere : l’utilizzo del potere per il proprio tornaconto personale e di gruppo. Ma disgraziatamente sullo sfondo c’è una Adrano disperata (pericolo di dissesto finanziario, buche nelle strade, quartieri al buio, allarme criminalità, insicurezza nelle strade, uffici comunali fuori controllo) vale la pena affrontare seriamente il problema attraverso l’analisi di due momenti politici che servono a dare una visione più chiara della situazione: Il familismo amorale – clientelismo La mediocritas Familismo amorale – clientelismo Norberto Bobbio “ Familismo e clientelismo non sono retaggi di una società arcaica, anzi si reinventano continuamente”.
Antonio Gramsci “ Al partito politico e al sindacato moderni si preferiscono le cricche”. Quello che una volta veniva chiamato da Edward Banfield “ familismo amorale” che si caratterizzava nel perseguire “ unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare “ , si è oggi trasformato in becero clientelismo. Al grido di “tengo famiglia”(Leo Longanesi) e ”bisogna avere i santi in paradiso” che significa esaltare una mentalità di vassallaggio nei confronti di chi detiene il potere, gruppi di amici, consorteria danno vita a strutture opache che hanno la missione di mediare sempre posizioni. Si diceva che il giudizio morale non ci interessa, ma una riflessione va fatta. La politica si può fare o privilegiando la sua componente valoriale e ideale o al contrario sottolineando la politica volta all’interesse personale o dei propri amici. A questo proposito il gruppo di “amici” in esame si comporta “legittimamente” quando riduce al minimo la componente ideale della politica. Cioè è legittimo che gli “amici” diano il consenso, per esempio al sindaco per assicurargli una maggioranza in consiglio comunale in cambio di promesse concrete. Ma sembra altrettanto chiaro che potrebbe essere anche nell’assoluta legittimità, per esempio, nello sbloccare una delibera di pagamento, nominare assessori piuttosto che esperti per conto di politici catanesi o aspirare alla presidenza, sempre per esempio, del nucleo di valutazione, tutto ciò al posto dell’opzione valoriale. A nostro avviso tra una politica dello scambio e una dei valori è preferibile quest’ultima perché garantirebbe, nella peggiore delle ipotesi un bene inalienabile: la libertà. Ma allora perché questo comportamento non libero continua ad essere la costante per certi politici? Per rispondere a questa domanda non si può non partire dall’attuale crisi della politica, che non è una crisi in senso tradizionale ma qualcosa di più profondo. Si tratta di un crollo di sistema, dove tutti i presupposti che caratterizzavano la società sono venuti meno. E’ in crisi lo stesso concetto di democrazia. Democrazia come sistema di regole, appartenenza ad una idea di governo, lealtà nei confronti di un patto, ispirazione a valori condivisi. Questa crisi ci costringe a formulare altre domande, forse quelle giuste: come e perché certi personaggi vengono selezionati come classe dirigente? E questi personaggi hanno “colpe” personali? Secondo noi no, perché essi stessi sono le prime vittime di un clima politico nato dalla crisi della rappresentanza democratica che si è trasformata in un SISTEMA: La MEDIOCRITAS La mediocrità non nel senso latino di aurea mediocritas ,perché in quel caso Orazio esprimeva una condizione umana che si rifaceva alla filosofia epicurea: trovare la giusta misura in tutte le cose. Il termine è qui usato in riferimento ad un clima, ad un sistema e a delle persone che occupano posti di responsabilità pur non avendone le competenze. Così funziona il sistema oggi, infatti chi è al vertice sceglie la classe dirigente in base al sistema della “mediocritas”. Non potrebbe fare diversamente per la semplice ragione che il sistema funziona così perché, per esempio, un gruppo di ladri non può governare con gli onesti. Le istituzioni che dovrebbero indurre al cambiamento e al rinnovamento invece appiattiscono tutto verso il basso, per non alterare lo status quo, per mantenere in stato di coma vegetativo la comunità. E’ evidente che in una situazione del genere la politica e la burocrazia si arricchiscono di “maggiordomi”, ”vassalli” e “parvenu” che legano il loro destino al “feudatario” di turno. Più saranno obbedienti e più avranno possibilità di far “carriera”. La ricerca del potere per il potere genera mediocrità, perché favorisce la selezione della classe dirigente per cooptazione, per servilismo. Combattiamoli finche siamo in tempo, se non lo faremo diventeremo come loro. Questa è una guerra senza esclusioni di colpi, chi sta al potere ha creato un meccanismo di “persecuzione” per far tacere il” nemico”, per far cadere su di esso il silenzio, perché quello che i potenti odiano di più è la Meritocrazia e linciare i meritevoli è tipico dei mediocri. La rappresentanza, quella vera, è morta e con essa sta morendo Adrano che sprofonda sempre più. Di fronte a questo scempio non è possibile restare inerti. Reagire ad un sistema in decomposizione è un imperativo categorico, e bisogna farlo attraverso una rifondazione delle basi culturali e sociali di Adrano, attraverso il coinvolgimento di quella parte della città rimasta per troppo tempo esclusa. La reazione deve, però, avvenire dopo aver individuato chi veramente governa la città. Carl Scmitt ha scritto nel suo capolavoro “Le categorie del politico”: ”Sovrano è colui che decide nel caso di eccezione”. Purtroppo oggi la sovranità non sta più nei luoghi deputati dalle regole democratiche. Gli eletti vengono scelti in segrete stanze fuori Adrano e quelli che detengono il potere reale appartengono a conventicole extraistituzionali. Sono costoro che decidono che indirizzo devono prendere le risorse degli uffici, chi deve essere beneficiato. Nell’immediato il primo compito dovrebbe essere quello di restituire ai legali rappresentanti la possibilità di decidere in piena libertà. Meditate gente, meditate.

Altro che lasciare “l’impronta” sono semplicemente: i soliti ignoti

in Antonio Cacioppo/Politica di

di Antonio Cacioppo

Una banda sui generis ha messo le mani sull’amministrazione della città. Torna in mente la straordinaria definizione fatta da Rino Formica  all’Assemblea Nazionale del P.S.I. : “Corte dei miracoli di nani e ballerine”.  Allora come adesso i nani e le ballerine sono l’effetto collaterale della crisi della democrazia che porta alla  ribalta “impresentabili”, uomini senza rappresentanze se non le loro clientele, che si lanciano in esperienze amministrative e politiche di cui non si raccapezzano dando soluzioni cervellotiche, per cui alla fine la cura risulta peggiore della malattia.

  • Assessori Ombra che si occupano di bilancio comunale con il risultato di contribuire al fallimento dei comuni.
  • Coordinatori Politici che nel bel mezzo di una trattativa, al fine di pilotarne la soluzione voluta, si vedono beneficiati (legittimamente) di somme spettanti .
  • Assessori occultie pur palesi che sgovernano la città mentre gli assessori ufficiali restano senza deleghe per mesi e mesi.
  • Politici che si improvvisano esperti di rifiuti con il risultato di rimanerne seppelliti.
  • Faccendieri che scorazzano per la città per improbabili mediazioni.

Siamo nelle loro mani, nelle mani di nessuno. Non c’è da stare allegri. Bisogna sdramatizzare e per farlo si deve far ricorso ai grandi maestri del cinema italiano, perchè hanno saputo immortalare la tragicità comica dei costumi italiani.

Infatti più che “cambiare passo” sembra di tornare alla fine degli anni 50, ai protagonisti del capolavoro di Mario Monicelli: I SOLITI IGNOTI 

E come nel film, il clima attuale ci impone di affrontare i tragici momenti che viviamo con leggerezza, cercando un sorriso, anche se amaro, per le gesta degli antichi e moderni appartenenti alla banda del buco.

“Peppe er Pantera” Gasman

“Tiberio Braschi” Mastroianni

“Carmelina Nicosia” Cardinale

“Capanelle” Pisacane

e il più grande fra tutti il maestro “Dante Cruciani” Toto’, l’anziano del gruppo che deve insegnare alla banda come aprire “la Camera” cioè la cassaforte.

Ogni riferimento a fatti o persone di oggi è assolutamente voluto. 

I soliti ignoti

Il piano è infallibile: entrate nell’appartamento attiguo alla sede del Monte di Pietà, bucare il muro e rubare la cassaforte.

Il colpo finisce sui giornali perchè le autorità non riescono a spiegare come mai è stata scassinata una finestra, buttato giù un muro per sedere a tavola e mangiare un piatto di pasta e ceci.

Pasta e ceci, di questo si tratta. 

L’inettitudine emersa nel compiere la rapina da un lato riempie di tenertezza per questo gruppo di ladri scalcagnato e sprovveduto, dall’atro come un gruppo di disperati pensa a come dare una soluzione ai loro problemi.

I personaggi sono accompagnati dall’aurea del fallimento e la loro catastrofe tragicomica riflette la frustrazione del mancato adeguamento alle regole e ai valori ( lealtà- onore- legalità).

E’ incredibile come le assonanze tra ieri e oggi siano evidenti: allora la crisi economica come sfondo dei personaggi di Monicelli, oggi una nuova grave crisi economica che fa da sfondo alle gesta dei neoeroi della neobanda del buco.

Ma l’assonanza non si limita solo alla crisi economica, c’è da sfondo anche la crisi dei valori, drammatica e inesorabile.

Infatti i personaggi del grande regista erano dediti, per sopravvivere, al malaffare, quelli di oggi, sempre per sopravvivere, dediti alla prostituzione politica. 

L’unica differenza è che i primi sono vestiti con abiti laceri i secondi con abiti griffati.

Monicelli descrive dei poveracci, emarginati, reietti, oggi questi personaggi si sono trasformati in poveri di valori in giacca e cravatta, emarginati di principi, in reietti della politica in voltagabbana e traditori. 

Oggi come allora è questo il SEGNO DEI TEMPI. 

Altro che lasciare “l’Impronta” sono semplicemente:

” I SOLITI IGNOTI “

“Lo Stato e la mafia sono due poteri che occupano lo stesso posto. O si fanno la guerra, o si mettono d’accordo”

in Antonio Cacioppo/Bacheca di

di Antonio Cacioppo

Ho avuto, in questi giorni, la malaugurata idea di commentare su Facebook il post di un mio caro ex alunno che si esprimeva sulle tesi del prof. Fiandaca che, in un recente saggio, “La mafia non ha vinto”, sostiene la liceità della trattativa Stato-mafia. Questo ha innescato un dibattito tra coloro i quali sono pro e contro le tesi del Fiandaca.

Devo ammettere che i favorevoli alle tesi del professore palermitano hanno avuto la meglio perchè si sono dimostrati immediatamente più realisti, più moderati, più preparati e perché, depositari, come sono, della verità, hanno marchiato, nei fatti, gli “avversari” di moralismo e giustizialismo.

D’altro canto si tratta di giovani intellettuali ed esperti di diritto e prossimi a diventare classe dirigente… terrorizzante, vero? Per farla breve il dibattito finisce quando uno dei”giustizialisti” getta la spugna con questo commento: “forse voi avete la stoffa per fare gli statisti… io no, io sono un povero ragazzo stufo di vivere in un luogo dove la mafia ha più potere dello Stato… A questo punto Falcone e Borsellino sono dei coglioni: si sono fatti ammazzare per liberare dalla schiavitù mafiosa un popolo che crede legittima la trattativa”. Parole terribili, vere e pesanti come pietre che mi hanno amareggiato e indotto a delle riflessioni sulla condizione culturale dei giovani che, a mio avviso, è diventata una vera emergenza. Non voglio cadere nelle solite banalità, per cui i giovani di una volta erano migliori. Non è così.

La differenza sta, invece, nelle diverse opportunità e nei modelli di riferimento tra i giovani di ieri e di oggi. Non tutti ma una elite di ragazzi di ieri aveva buone opportunità per il proprio futuro, forti di una società che garantiva loro diritti e riferimenti e modelli valoriali come: Nietzsche, Mao, Maritain, Primo de Rivera, Che Guevara, Codreanu, Celine, Del Noce, Pasolini, Marx, Evola, De Benoist, a seconda se si militava a destra, a sinistra o al centro.

A prescindere dall’identità e dell’appartenenza (parole ormai desuete) tutti sognavano un mondo migliore da conquistare con una rivoluzione figlia di una carica utopica che caratterizzava quegli anni “incendiari”. Oggi i giovani hanno nuovi e più attuali modelli, cresciuti come sono a pane e “grande fratello”, ispirano la loro azione a degli intellettuali del calibro della De Filippi e a rivoluzionari come Giletti e si commuovono davanti alla televisione “del dolore” dell’eroina contemporanea Barbara D’Urso. Ma sembrerebbe, per fortuna, che non tutti siano così, i migliori tra i ragazzi di oggi sembra abbiano scelto nuovi riferimenti valoriali, eroi, maestri di pensiero e portatori del nuovo “Verbo anti-antimafia”: il prof. Fiandaca. Si!, avete capito bene da Falcone e Borsellino a Fiandaca. Ma chi è questo nuovo Maitre a penser per questi giovani?

E’ l’estensore di alcuni saggi dove l’autore sostiene che la trattativa Stato-mafia, se mai ci fosse stata, fu lecita anche perché, sostiene il giurista siciliano, servì a salvare molte vite dei cittadini oltre a quelle di alcuni politici. Peccato, però, che non salvo’ uno strenuo oppositore della trattativa: Borsellino.

Vorremmo tranquillizzare l’illustre studioso, in realtà non ci fu nessuna trattativa perché lo Stato aveva concesso in “comodato d’uso” la Sicilia a Cosa nostra in cambio di voti e protezione.

Incredibile l’eventuale trattativa Stato – mafia sarebbe, per questi giovani, lecita. E lo stato di diritto? E i morti ammazzati? Non importa. Ma la cosa più incredibile non è tutto questo, cioè che un candidato trombato alle elezioni europee come Fiandaca che si avvale, nella stesura dei suoi libri, dell’avvocato Enzo Musco, difensore di Mori, sostenga le tesi sopraddette ma che alcuni giovani stiano dalla sua parte. Questi giovani – dispiace dirlo – sono la prova provata di un decadimento intellettuale morale e culturale.

Viene da pensare che questi ragazzi fanno delle scelte simili per non pensare, sembrano vivere nell’attesa, in uno stato di sospensione. Non reagiscono al disfacimento morale e sociale, si adeguano al conformismo e all’egoismo, al pensiero unico e diventano “complici”dei loro carnefici, proprio così “complici dei loro carnefici o ancora meglio complici dei nostri carnefici.

In una realtà come quella italiana fatta di macerie morali, in assenza di conflitti e di reazioni alle iniquità e alla precarizzazione delle loro vite, questi giovani, terrorizzati dal loro stesso conformismo cercano una fuga, cercano di inventarsi nuovi “eroi” per allontanare le paure provenienti dall’incapacità di progettare il futuro. I giovani stanno male, sono fragili, il loro male, però, non è esistenziale il loro male è la mancanza di valori: il Nichilismo.

Il nichilismo provoca loro disorientamento, incertezza per l’avvenire, depressione. Non hanno sogni né speranze, né fiducia in sé stessi, appartengono ad un tempo che Miguel Benasayag ha definito “L’epoca delle passioni tristi”.

Ecco, forse, la loro caratterizzazione più specifica è la tristezza. Ma fino a quando ci saranno ragazzi ancora capaci di indignarsi, (“sono stufo di vivere in un luogo dove la mafia ha più potere dello Stato”), di stupirsi del fatto che altri giovani siano in preda al nichilismo, vale la pena impegnarsi per aiutare le nuove generazioni ad uscire dalle secche etiche in cui è precipitata la società. Fino a quando il salone di Villa delle Favare si riempirà di giovani per ricordare Falcone (leggi il post dell’iniziativa di Symmachia) e si percepirà forte, fortissima l’emozione, che alla fine della manifestazione si è trasformata in pianto di commozione e di rabbia, allora per quelle lacrime varrà la pena lavorare per creare le condizioni per una vera e rivoluzione culturale e generazionale. Io amo questi ragazzi. Io amo Falcone e Borsellino.

L’istruzione non è una merce. La scuola non è un’azienda

in Antonio Cacioppo/Controcultura di

“Capetti improvvisati vogliono fare anche del preside un piccolo boss di paese. Senza insegnarli il comando,senza prepararlo alla leadership … gli danno infatti il potere e la responsabilità di assumere docenti per cooptazione e di premiare il merito e punire il demerito distribuendo denaro .E tutti capiscono che, solo per l’effetto annuncio, la famosa stanza del preside sta già diventando l’ufficio raccomandazioni e suppliche di quel proletariato intellettuale di cui parlava Salvemini”. (F. Merlo)

La scuola italiana sembra svegliarsi da un lungo torpore. Scioperi, assemblee, seminari, appelli. La mobilitazione del 5 Maggio ha mandato in tilt la scuola. Non poteva andare che così dopo che il ministro Giannini ha definito squadristi un gruppo di docenti che la contestavano. Sulla stessa lunghezza d’onda di dileggio il ministro Poletti, quello delle cene con i protagonisti diMafia-Capitale,che dichiara di volere diminuire le vacanze della scuola. Raro esempio di ignoranza da parte del ministro,infatti gli insegnanti sono impegnati fino a metà Luglio con gli esami e rientrano a scuola a fine Agosto per far riparare gli alunni rimandati.

Per non parlare del sotto segretario Faraone che parla dei docenti come di una “ minoranza chiassosa “. Dimenticando che è a questa minoranza che viene affidata la formazione delle nuove generazioni. Una categoria paziente, mite che non protesta nemmeno per la mancanza di un contratto di lavoro bloccato da sette anni,una categoria che per meno di mille e cinquecento euro al mese si occupa non solo di insegnamento ma di legalità,educazione stradale,psicologia,bullismo,assistenza sociale,alimentazione, rifiuti.

Oggi questa categoria decide di scendere in piazza per contestare una “riforma”che ha come obbiettivi:

1) L’aziendalizzazione della scuola.

2) La rimozione della cultura.

3) Il potenziamento della scuola privata.

4) Il concretizzarsi del Preside-manager.

L’aziendalizzazione della scuola.

Debiti formativi,crediti scolastici,sono espressioni desunte dal mondo della finanza e tipico del progetto neo-liberale della competizione di mercato che trasforma gli studenti in merce. La riforma prevede la possibilità di finanziamenti privati della scuola pubblica. E’ chiaro che le aziende potranno influenzare le scelte educative degli istituti creando di fatto scuole d’eccellenza, quelle del Nord e scuole ghetto, quelle del Sud per gli evidenti contesti economici delle due Italie. Ma il vero motore della riforma è il “piano di miglioramento”e di “qualità”,dietro cui si nasconde in realtà il subdolo tentativo di introdurre a scuola un sistema di controllo del “ management per obiettivi”.

Obiettivi, la parola magica , i docenti e i loro obbiettivi. Ma quali obiettivi? Chiaro! quelli delle aziende,quelli dei privati,quelli dei “portatori di interessi”. La riforma Thatcheriana che vuole trasformare la libertà d’insegnamento in formazione per le aziende.

La rimozione della cultura.

La logica del profitto distrugge dalle fondamenta la scuola che basa la sua essenza sul “ sapere in se”e non sulla capacità di produrre guadagni. Didattica,centralità dello studente e dell’insegnante,formazione umana sono valori spariti dall’orizzonte della scuola renziana.

La riforma manca di un asse culturale che di fatto nasconde il vuoto etico di chi l’ha pensata. Dietro pedagogismi,burocratismi,circolari,griglie di valutazione,quiz,relazioni e programmazioni chilometriche si nasconde il tentativo di svuotare la preparazione e le competenze dei professori,di distruggere il ruolo e la possibilità di formare i futuri cittadini a favore di pure logiche di mercato.

“Un paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi,perché le risorse mancano,o i costi sono eccessivi . Un paese che demolisce la scuola è già governato da quelli che della diffusione del sapere hanno solo da perdere”. (Italo Calvino).

Potenziamento della scuola privata.

Articolo 33 della Costituzione: “enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione,senza oneri per lo stato”. Ma come si può rispettare questo dettato costituzionale se si irridono i lavoratori della scuola, tagliando il personale e le risorse? Per contro si assicura alle scuole private la defiscalizzazione della retta con un tetto massimo di 400 euro ad alunno. Questo ci costerà cento milioni di euro.

Il tutto mentre le scuole pubbliche cadono a pezzi.

Presidi-manager.

Lo strapotere assegnato dal ddl ai presidi-podestà consiste nella sua capacità di assumere secondo un criterio di discrezionalità senza precedenti. I Presidi detteranno le linee a degli insegnanti che dovranno,obtorto collo,subire il pensiero unico e l’allineamento dei cervelli. E per chi non si allinea? Trasferito,non incentivato economicamente,ridotto al silenzio.

L’accentramento del potere nelle mani del Preside-caporale determinerà il restringersi drammatico degli spazi di democrazia e di libertà e lo svuotamento di fatto di tutti gli organismi di rappresentanza: collegio docenti,consigli di classe ecc. Sarà creato “un registro nazionale dei docenti”per tenerli sotto controllo in una specie di grande fratello di Orwelliana memoria, per controllare chi si allinea ai “piani di miglioramento”e chi,invece, è riottoso e non intende piegarsi. Ma perché non si ci può fidare dei Presidi-sceriffo?

Semplice,perché,per esempio in Sicilia, nell’ultimo concorso a preside, la commissione “riuscì”a correggere 1400 compiti,ognuno dei quali di dieci pagine per un totale di 14000 pagine in tre ore e “sorvolando” su orrori ortografici e grammaticali. Fioccarono i ricorsi e il concorso fu annullato. Tutto finito,neanche per sogno,i trecento promossi furono salvati da una “Manina amica”,una legge nazionale.

La barbarie è dietro l’angolo.

I docenti verranno piegati alle regole della scuola-azienda e della scuola-quiz. E’accettabile la versione che mette in discussione la libertà d’insegnamento,la collegialità delle decisioni? E’accettabile il ridimensionamento del collegio docenti nella sua capacità di progettare l’attività scolastica? E’accettabile riservare al manager-preside la valutazione del lavoro per quanto riguarda la qualità dell’intervento didattico dei professori? E’ accettabile la possibilità per i dirigenti scolastici di decidere la mobilità,la valutazione,il salario accessorio,fuori dalle legittime sedi contrattuali?

E’ accettabile che il Dirigente Scolastico sia valutatore, reclutatore,uomo forte circondato da uno staff acritico di maggiordomi?

Non è questa forse una sospensione della libertà? Non accettarlo è un imperativo categorico e spetta a noi.

Non esistono eroi, esistono solo uomini. Non esistono regole, ma scelte. Difendi il tuo futuro

in Antonio Cacioppo di

Una generazione senza ideali e senza passione politica, in un contesto sociale in disfacimento e deprivato culturalmente.  Una generazione provata da una crisi economica di portata storica. Una generazione i cui componenti non lavorano e quando ci riescono si tratta di lavoro precario, dove lo sfruttamento bestiale è la regola. Ma il dramma per i giovani non è tanto e solo lo sfruttamento economico ma l’essere costretti a prostituirsi al potente per poter sopravvivere e sopportare la più oscena delle ingiustizie che si nasconde dietro l’infame ideologia inventata per emarginare ancora di più i giovani: il “Giovanilismo”.

I giovani vengono elogiati, branditi, coccolati, alcune volte amorevolmente rimproverati (bamboccioni) da certi padri che hanno escogitato questa ideologia. E sono proprio gli adulti che tengono ai margini i giovani, trasmettendo loro concetti lontani dalla politica nel significato più nobile del termine.

Gli adulti hanno trasformato i giovani in vecchi, incapaci di progettare, di sognare, di abbandonarsi alla sublimazione delle utopie.

Hanno trasformato i giovani in tanti piccoli ragionieri che pensano soltanto sulla base del concetto dare-avere.

E i giovani si sono arresi, per lungo tempo, e si sono fatti annientare da un’altra ideologia dominante, forse più pericolosa della precedente perché più subdola perché capace di ammaliarli, stregarli, conquistarli: l’ideologia della “Forma-Merce”.

Una volta si sognava la rivoluzione, un mondo migliore,nuove forme di giustizia sociale, più ampi spazi di libertà, oggi si sogna lo smartphone. Tutti si convertono all’unica religione rimasta quella del Mercato, incoronato dal liberismo capitalista, a nuovo dio che ha eretto le nuove cattedrali nei centri commerciali. Le vecchie teologie vengono sostituite da una nuova teologia: l’Economia.

Ma il dramma di una condizione simile si trasforma in tragedia per il fatto che i giovani, oggi, vivono questa situazione in forma ambivalente.

Da una parte la progressiva “precarizzazione” della loro vita e del loro futuro, la spoliazione di ogni loro diritto e dall’altra parte un male ancora, se possibile, più insidioso, l’incapacità di porre in essere forme di Rivolta al sistema.

Il mercato continua a massacrarli, la macelleria sociale è palese e in loro non si nota nessuna forma di reazione, quasi che si trattasse di una forma gigantesca di Sindrome di Stoccolma (“Gli uomini lottano per la loro schiavitù come se si trattasse della loro libertà”. Spinoza).

Delusi, arrabbiati, indifferenti o semplicemente disincantati e incapaci di ribellarsi, i giovani se la prendono con la politica.

Questo è un grave errore di prospettiva perché pensano che la politica sia quella  che certi loro papà hanno insegnato loro: Clientelismo – Vendersi -Tradire. Spesso, non sanno, forse, che c’è una politica buona, alta, nobile che pone le sue basi su fondamenti e valori spirituali.  Ma, per fortuna, non tutti i giovani la pensano alla stessa maniera.

Da qualche tempo a questa parte si incomincia a notare un cambiamento, lo si nota bene facendo certi lavori come l’insegnante: i ragazzi cominciano a partecipare, non si rifugiano più nel disimpegno. Chiedono, parlano esprimono opinioni, vibrano di fronte a certi concetti. Se chiedi loro  un progetto sulla legalità si entusiasmano, si commuovono.

Si mobilitano con entusiasmo, sciamano per gli svincoli della 284, esibiscono cartelli, parlano con la gente, raccolgono firme. Si entusiasmano per la vittoria di contrada Capici che qualche “furbetto del quartierino” voleva scippare, li vedi dialogare con gli abitanti del quartiere ,gli vedi brillare gli occhi e sogni che, finalmente, una nuova generazione stia prendendo forma.

Ma per capire la portata di questa inversione di tendenza bisogna guardare il luogo del nuovo dibattito politico. La morte delle ideologie novecentesche e la conseguente crisi della forma-partito ha liberato nuove forme della politica che si concretizza in una nuova forma-partito: la Rete e le Associazioni.

Nella rete e nelle associazioni si vede il nuovo interesse giovanile per la politica, l’attenzione per il territorio, il bisogno di occuparsi dei quartieri degradati.

Internet offre formidabili opportunità di conoscenza al servizio di una nuova politica, oltre alle opportunità organizzative per giovani che si pongono nella prospettiva della polis. E’ questa la strada giusta,bisogna proporre nuovi modelli.

La società mercantilistica sarà sconfitta da coloro i quali veicoleranno certe idee e valori nella rete.

Reagire. Protestare ora. Prima che sia troppo tardi.

– Contestare per impaurire i tiranni;

– Contestare per scuotere gli indifferenti;

– Contestare per destare i paurosi;

– Contestare gli utili idioti, servi sciocchi dei potenti.

Una protesta contro una società cloroformizzata dal consumismo.

Una protesta contro questo modello di sviluppo terribile.

Una protesta liberatoria che dia speranza per il futuro.

“La mia è una visione apocalittica. Ma se accanto ad essa e all’angoscia che la produce,non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo,il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo,semplicemente non sarei qui,tra voi,a parlare.” Pier Paolo Pasolini

 

Il decalogo del venduto

in Antonio Cacioppo/Bacheca di

“E’ disprezzato il vile, il pauroso, il meschino, colui che pensa alla sua angusta utilità; similmente lo sfiduciato, col suo sguardo servile, colui che si rende abietto, la specie canina di uomini che si lascia maltrattare, l’elemosinante adulatore e soprattutto il mentitore”.

                                                                                            Nietzsche

 

Popolo di poeti, eroi e voltagabbana

DECALOGO DEL VENDUTO

  1. IL VENDUTO SI ALLEA CON IL VENDUTO.
  2. IL VENDUTO HA SEMPRE LA FACCIA DI CIRCOSTANZA, QUELLA DELL’IPOCRITA.
  3. IL VENDUTO NON HA MAI UNA POSIZIONE DEFINITA.
  4. IL VENDUTO NON DICE MAI QUELLO CHE PENSA, MA QUELLO CHE GLI CONVIENE.
  5. IL VENDUTO SORRIDE SE IL CAPO RACCONTA BARZELLETTE, ANCHE SE IDIOTE.
  6. IL VENDUTO SEGUE SEMPRE CHI HA IL POTERE E CI TIENE AD AVERE BUONI RAPPORTI CON TUTTI.
  7. IL VENDUTO HA COME FINE IL VENDERSI PER IL PURO PIACERE DI VENDERSI.
  8. IL VENDUTO SE SI ARRABBIA NON ATTACCA MAI, PERCHÉ È PAVIDO.
  9. IL VENDUTO SPARLA CON TE DEGLI ALTRI E CON GLI ALTRI DI TE.
  10. IL VENDUTO È SEMPRE IN UN POSTO NON PER LE SUE CAPACITÀ, MA PER LA SUA ABILITÀ DI FINGERE DI AVERNE.

 

Tipologia del Venduto

  1. Per bisogno;
  2. Per natura;
  3. Per molto;
  4. Per poco;
  5. Per paura.

 

Sinonimi

  1. Ambidestro;                                                                  11. Fedifrago;
  2. Multiuso;                                                                        12. Informatore;
  3. Transgenico;                                                                  13. Spergiuro;
  4. Bipartisan;                                                                      14. Delatore;
  5. Transfugo;                                                                       15. Assoldato;
  6. Prostituto;                                                                       16. Mercenario;
  7. Rinnegato;                                                                       17. Comprato;
  8. Traditore;                                                                         18. Pagato;
  9. Apostata;                                                                         19. Prezzolato;
  10. Disertore;                                                                         20. Salta fosso.

 

Ogni riferimento a fatti, persone o cose è assolutamente dovuto.

Svanito il sogno di non morire democristiani. Ma poteva finire peggio

in Antonio Cacioppo di

Il sogno di qualcuno di non morire democristiani svanisce con l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica.

Su questo avvenimento si sprecano e si sprecheranno innumerevoli commenti, ma una cosa appare certa: l’inadeguatezza dei politici di oggi e l’assoluto bisogno di attingere dal passato politici degni di questo nome.

Oggi la classe dirigente è selezionata da poteri esterni alla politica o nel migliore dei casi nei Talk-show, mentre i politici della prima repubblica crescevano nelle giovanili dei partiti.

Ma entriamo nel merito della questione, bisogna essere onesti, anche i più grandi detrattori di Matteo Renzi devono ammettere che il premier esce da trionfatore in questa vicenda. In un sol colpo Renzi sbaraglia tutti i tavoli e manda a gambe in aria avversari e alleati.

Vediamo, nel dettaglio, una rapida valutazione da attribuire ai maggiori protagonisti:

Vincitori

Renzi: voto 10

– perché ha fatto eleggere una persona schiva che predilige restare nell’ombra e che non rischierà di oscurare la leader-ship del primo ministro;

perché ha ricompattato il PD. Infatti la minoranza è rimasta spiazzata: impossibile dire di no a un candidato come Mattarella;

perché è riuscito nel miracolo di incassare il sì di Sinistra Ecologia e Libertà di Vendola;

perché ha distrutto Berlusconi, come appare chiaro dalle parole di Fitto che chiede:”l’azzeramento totale nel partito e nei gruppi parlamentari dopo il totale fallimento politico del “Nazareno”.

Sconfitti

Berlusconi: voto 3

– perchè si è fidato di Renzi e confidato nel Patto del Nazareno;

– perchè adesso ha un per di più si ritrova nelle mani un partito in rivolta, con almeno 70 “franchi soccorritori” del Presidente;

Alfano: voto 1

– clamorsa figuraccia del Ministro dell’Interno. Prima il Nuovo Centrodestra, il suo partito e di cui è segretario, si accorda con Forza Italia, poi minaccia di non partecipare al voto, poi quella che sembrava essere la decisione finale: si vota scheda bianca. Infine, giro di valzer – immaginiamo dopo una chiamata di Renzi –  fa votare Mattarella;

Grillo: voto 4

– perchè non ha colto l’occasione per candidare Prodi o Bersani o lo stesso Mattarella. Avrebbe così messo alle corde il lacerato PD. Ma la “malattia del web” ha imposto le “quirinarie” dando il tempo a Renzi di presentare Mattarella. Risultato: ulteriore fuoriuscita di altri 10 parlamentari. Fallimento su tutta la linea.

Cosa accadrà adesso? Nulla.

Il Presidente è una brava persona (non volendo prendere in considerazione le voci su componenti della sua famiglia e i tre milioni di lire in buoni benzina che avrebbe preso dal costruttore Salamone in odore di mafia) e non ha nessun potere per cambiare le sorti di questo sventurato Paese.

Chiusi i giochi di palazzo sullo sfondo si intravede la sagoma dell’Italia maciullata da una economia in frantumi, un paese che ha perso la propria sovranità a favore della BCE, un paese che ha visto il prevalere di forze che hanno cancellato i diritti più importanti impoverendo milioni di cittadini. Bello è stato da parte del Presidente averlo ricordato.

Malgrado la sensazione che Mattarella sembri  un’immagine in bianco e nero rivista in 3D, auguri Presidente, ne ha proprio bisogno.

 

Brevi cenni sul nuovo Presidente

Come già ampiamente riportato nel pezzo biografico curato da Vincenzo Ventura e pubblicato ieri da Symmachia.it (leggi qui l’articolo), si ricordano alcune cenni del neo Capo dello Stato:

Sergio Mattarella classe 1941 è uno dei fondatori del PD,  di estrazione democristiana, della sinistra DC. Più volte deputato, fu uno dei ministri che nel 1990 si dimise per contrastare l’ascesa dell’ex Cavaliere come” padrone”delle TV private. E’ fratello di Piersanti, il presidente della Regione Siciliana ucciso dalla mafia.

Presterà giuramento in Parlamento come dodicesimo Presidente della Repubblica italiana martedì prossimo 3 febbraio.

Io NON sono Charlie

in Antonio Cacioppo di

I fatti di Parigi segnano un clima di anteguerra. Nei prossimi mesi si assisterà ad una escalation di atti terroristici, prove tecniche per una nuova guerra, preannunciata dai teorici dello scontro tra civiltà (Samuel P. Huntington).

Secondo questa scuola di pensiero, lo scontro vedrà da una parte i “nuovi barbari” arabo-musulmani, tagliatori di teste, kamikaze che si faranno esplodere al grido di “Allah Akbar” e, dall’altra, il mondo “libero”, per intenderci il mondo bianco, laico, protestante.

In questo clima di caccia alle streghe, tutti coloro che non si schiereranno tra un fondamentalismo retrogrado e violento e un Occidente malato, privo di valori, d’identità e unito solo dalla logica di mercato saranno emarginati e sospettati di intelligenza con il nemico.

Questo è il tempo degli avvoltoi, il tempo di chi dice:

“C’è una matrice religiosa negli attentati”;

“Il nemico è l’islam”;

“Non esiste l’islam moderato”;

“La religione, cristiana o musulmana, è fondamentalismo, pregiudizio, dogmatismo”;

“La società laica è, invece, pacifica” (ricordate le guerre laiche e umanitarie?);

e la più grottesca di tutti:

“L’immigrazione clandestina porta i terroristi in Europa”.

Idioti, i protagonisti degli ultimi attentati sono nati in Francia, sono nostri figli.

In questa gigantesca farsa si inserisce la strumentalizzazione delle recenti parole del Papa:

“Ognuno ha non solo la libertà o il diritto ma anche l’obbligo di dire quello che pensa se ritiene che aiuti il bene comune, un deputato, un senatore, se non dice qual è la buona strada non fa bene. Avere questa libertà, ma senza offendere, perché è vero che non si può reagire violentemente ma se il dottor Gasbarri, mio amico caro, dice una parolaccia contro la mia mamma, si aspetti un pugno. Perché non si può provocare, insultare, ridicolizzare, la fede degli altri”.

Apriti cielo. Per qualche idiota, il Papa avrebbe giustificato il terrorismo.

In realtà la verità è un’altra: non si capisce, o non si vuol capire, il profondo messaggio dietro quelle parole. Il Papa ha semplicemente condannato alcuni aspetti dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese: il laicismo innalzato a religione di stato, la perdita di ogni rapporto con il sacro e la condanna di un occidente secolarizzato e piegato su posizioni materialistiche, consumistiche, edonistiche.

Difendere la libertà di espressione, cari lor signori, non equivale ad offendere la religione altrui.

La satira critica, sbeffeggia, non offende.

Per finire vorrei fare un atto di fede:

– io sono il presepe;

– io sono la civiltà araba presente nel mio territorio;

– io sono la Chiesa Medioevale che salvò l’Europa dalle barbarie;

– io sono Al Saladin, tenace, coraggioso, magnanimo con i nemici;

– io sono Federico II, stupor mundi, protettore della cultura, fautore dell’incontro tra la cultura araba, greca e latina;

– io sono le duemila persone uccise dagli integralisti a Damaturre e che non hanno provocato cortei e proteste;

– io sono l’eroe musulmano che ha nascosto i francesi nella cella-frigorifera del negozio preso d’assalto;

IO SONO UN UOMO CHE NON SI PIEGA AL PENSIERO UNICO DELLA GLOBALIZZAZIONE .

IO NON SONO CHARLIE 

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