Caro Renzi ti scrivo…

in Blog di

di Rosario Di Grazia

Nel momento in cui scriviamo, a Roma si decide il futuro del Partito Democratico.

Le ragioni di una possibile (e probabile) scissione sono tante e non intendiamo illustrarle.

Al segretario dimissionario Rosario Di Grazia, con il suo blog “IlSecolo.eu” intende tuttavia rivolgere un accorato appello. Come ex elettori pd e come cittadini che amano la politica e si interessano del governo della cosa pubblica.

«Caro Matteo,

La tua discesa in campo ha rappresentato, per chi ti scrive, la speranza – forse l’ultima – di un riscatto generazionale, prima e più ancora che di uno svecchiamento della classe dirigente del nostro Paese.

Riscatto generazionale significava – e significa -, per noi, portare al centro dell’azione politica del partito (e del governo) l’abnorme, gravissima e irrisolta questione della diseguaglianza generazionale che affligge il sistema economico-sociale del nostro Paese.

Significava – e significa -, dunque, porre al centro del tuo progetto (e programma) politico la riduzione di queste diseguaglianze, avvertite con sempre maggiore coscienza come intollerabili da una sempre più larga fetta di giovani concittadini.

Significava – e significa – anteporre alla conquista dei consensi – col serio rischio di perderli – la capacità, il coraggio, la forza – come diceva James Freeman Clarke – di guardare alla prossima generazione anziché alla prossima elezione.

Tentare di ripianare queste diseguaglianze significava – e significa -, solo per fare qualche esempio, essere intellettualmente onesti coi tuoi concittadini; dire loro la verità sulla drammatica situazione dei nostri conti pubblici; richiamarli alle loro responsabilità – perché se a questo punto siamo arrivati non è certo responsabilità tua ma di un intera classe dirigente (e di un intero popolo) che dello Stato ha sempre diffidato e allo Stato ha sempre sottratto le energie migliori; chiedere – e pretendere – a chi aveva di più di dare di più; saldare il grande debito generazionale in materia assistenziale e previdenziale; puntare su qualità della formazione di una coscienza critica delle nuove generazioni e su qualità e garanzie del lavoro; preservare la qualità del funzionamento delle istituzioni; battersi contro il sensazionalismo e governare con buon senso, empatia, equilibrio, onestà intellettuale.

Tutto ciò non era – e, a maggior ragione, non è – affatto facile.

Ma è nella tempesta che si vede la capacità del capitano di portare in salvo la nave, l’equipaggio e i suoi passeggeri. Ed è dopo la tempesta che un vero capitano, se qualcosa è andato storto, si accerta degli errori eventualmente commessi e dei danni cagionati dalla sua condotta e si assume la responsabilità del suo operato. E dinanzi ai suoi ufficiali, al personale di bordo ed ai passeggeri chiede perdono per gli errori commessi e accetta serenamente il giudizio della storia. Ché se ha operato in perfetta buona fede per approdare in quel porto tanto angusto quanto necessario da raggiungere, non avrà nulla da temere, sapendo di aver navigato in acque agitatissime e che chiunque al suo posto avrebbe trovato difficoltà quantomeno eguali. E, con l’umiltà e l’onestà intellettuale che solo i grandi comandanti possono avere, affida loro l’incombenza di scegliere un altro capitano con un bagaglio di competenza tecnica, esperienza e capacità di scrutare il mare che essi ritengono migliore della sua; e si mette subito a loro disposizione per offrire il suo indispensabile supporto.

Oggi l’Italia intera deve sperare che tu sia quel gran capitano di cui la nostra vecchia e acciaccatissima nave ha disperatamente bisogno. E in assenza del quale si vedrebbe costretta a conferire il comando a marinai tanto giovani quanto inesperti.

Sperarlo significa voler bene all’Italia. Farlo, per te, significherebbe amarla più di te stesso.

E quando si è provato, senza successo, a guidar la baracca per condurla in salvo e ci si è resi conto di aver fallito, si può passare alla storia non solo per essere stato il protagonista di quel fallimento ma anche per aver avuto il coraggio di anteporre gli interessi della baracca a quelli personali e particolari.

Questo ti auguriamo, Matteo! Questo colpo di reni finale, che farebbe indubbiamente parzialmente ricredere noi come tanti altri.

Cordialmente,

Rosario Di Grazia | IlSecolo.eu