Adrano e Biancavilla: una prospettiva comune

di Vincenzo Russo
E’ improbabile che il culto e la devozione per S. Placido e S. Nicolò Politi di biancavillesi e adraniti possano essere scalfiti da una possibile fusione dei due comuni. Le diverse identità –che pure esistono – e le specificità demografiche e territoriali, potranno essere preservate dai due distinti Municipi che continuerebbero ad esercitare le loro funzioni quasi come prima. E allora quale dovrebbe essere l’improvvida ragione di questo matrimonio, visto che non è di certo legata alla carente dimensione demografica? Beh, in effetti, la questione potrebbe essere ribaltata. Ovvero, perché due comuni contermini, che da un punto di vista urbanistico e territoriale sono quasi un unico blocco, devono essere completamente separati amministrativamente?
Perché fondersi in un unico Comune
Sia come sia, i potenziali vantaggi, noti in letteratura, sono di carattere economico e finanziario, oltre che politico amministrativo. Si tratta di maggiori economia di scala (minori costi nella gestione dei servizi), riduzione della spesa corrente e aumento di quella per investimenti (in tal senso depongono i pochi dati statistici a disposizione), della possibilità che si formino maggiori professionalità e livelli più alti di specializzazione dei dipendenti, e un maggiore peso politico complessivo nei rapporti con gli altri organi istituzionali. Si pensi alla pressione che una comunità di quasi 60 mila abitanti può esercitare, ad esempio, in merito alla tutela e al potenziamento della struttura ospedaliera di Biancavilla, o alla possibilità di attivare forme alternative, magari esercitando le dovute pressione per la modifica dell’attuale, stringente, quadro normativo, di raccolta e gestione dei rifiuti urbani, con l’obiettivo della riduzione delle tariffe. Senza considerare l’unitarietà d’intenti nell’azione di programmazione urbanistica, delle attività produttive e nell’organizzazione delle infrastrutture, che renderà più spediti i processi decisionali e le attività realizzative. Un semplice esempio potrebbe riguardare la realizzazione di un’arteria di collegamento tra il viale dei Fiori e la S.S. 284, al fine di decongestionare dal traffico dei mezzi pesanti, e non solo, i due centri, favorendo nel contempo la logistica delle attività commerciali. Nella logica dell’armonizzazione e della condivisione dei servizi si potrebbe poi realizzare un’innovativa via di collegamento (anche sopraelevata) tra i due Municipi riservata a pedoni e ciclisti, quale grimaldello di una mobilità intelligente e alternativa. Molti studenti ne gioirebbero, e i facinorosi pedoni che pensano di uscire incolumi da via Casale dei Greci si sentiranno sollevati. Una linea di bus ecologici potrebbe garantire poi un collegamento continuo tra i vari punti nevralgici del nuovo ente.
A ciò si aggiunga che il decreto legge n. 95/2012 ha introdotto importanti incentivi finanziari, che si traducono in maggiori risorse a disposizione, per favorire il processo di riordino degli enti territoriali. Incentivi ulteriormente innalzati con la legge di bilancio 2017. Con la legge di stabilità del 2016 (legge n. 208 del 2015) sono state anche introdotte delle disposizioni di favore per quanto riguarda le risorse da destinare al personale. Il comma 229 (della citata legge), in deroga alla normativa generale, autorizza dal 2016 i comuni istituiti per effetto di fusioni, nonché le unioni di comuni, ad assumere personale a tempo indeterminato nel limite del cento per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente. In pratica, sarebbe possibile sostituire tutto il personale che andrà in pensione, senza le limitazioni attuali. Sono fatti salvi solo i vincoli generali sulla spesa del personale.
Cosa prevede la normativa
La disciplina delle fusioni è attualmente contenuta negli artt. 15 e 16 del TUEL. Le regioni, compatibilmente con il disposto degli artt. 117 e 133 della Costituzione, hanno la possibilità di modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate e nelle forme previste dalle leggi regionali. Sono proprio queste ultime a disciplinare, quindi, sia il procedimento legislativo per l’istituzione di nuovi comuni, sia le modalità di esercizio del referendum consultivo per le popolazioni interessate. In Sicilia la materia è regolata dalla legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, agli artt. 8 e 9. Il potere di iniziativa di tutto il procedimento può essere esercitato, alternativamente, dalla Giunta regionale, dai comuni interessati con deliberazioni consiliari adottate con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, o da un terzo degli elettori iscritti nelle sezioni di ciascuno dei comuni. L’Assessorato regionale degli enti locali, verificata la legittimità del progetto di fusione, autorizza la consultazione referendaria. Per quanto concerne il quorum di partecipazione il referendum è valido solo se i votanti rappresentano la maggioranza degli aventi diritto, e la proposta è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validi. A seguito dell’esito favorevole alla proposta referendaria di fusione ha inizio il procedimento legislativo mediante la presentazione di una specifica proposta di legge al Consiglio regionale da parte del Presidente della Regione o della Giunta regionale. Determinante, a questo punto, è la volontà del Consiglio che deve approvare la proposta decretando, definitivamente, la fusione.
La necessità di una visione della città
Al di là degli aspetti sopramenzionati, il dato di maggior peso è legato alla possibilità che la fusione generi un esempio di virtù finanziaria e amministrativa con protagonista un nuovo grande Comune. E, ovviamente, di ciò non può esservi alcuna certezza ma solo un impegno fattivo. Le normali resistenze che tale ambizioso progetto di certo incontrerà, dovute a timori di cessione di potere, a spinte campaniliste, a diffidenze fondate sulla differente situazione finanziaria degli enti, a resistenze degli apparati burocratici, dovranno essere superate, oltre che con motivazioni di carattere tecnico ed economico, facendo leva sul suo significato ideale e politico. Il momento potrà costituire, infatti, l’occasione per rinsaldare, anzi, ricostruire i legami dell’obbligazione politica tra cittadini disillusi e assenti e amministrazioni soffocate da un asfissiante presente. Quella che bisognerà ricercare è l’adesione morale delle due comunità al progetto in modo da assicurare il consenso necessario alla sua realizzazione. Progetto che dovrà segnare lo spartiacque della rinascita economica del nostro magnifico territorio e dell’affrancamento culturale della sua popolazione. Se non scatta la molla ideale, il neofeudalesimo politico, da cui dipendiamo, con il solo scambio e le solite supercazzole televisive non arriverà mai da nessuna parte.
Troppo spesso si dimentica che l’obbligo primario di qualsiasi amministrazione è di offrire una propria visione della città e del suo futuro. Ci vuole un sogno da donare e carezzare. Essa non può perennemente farsi orientare dai signorotti del consenso spicciolo, o dalle società di mutuo soccorso degli “affari nostri”. Perché sono proprio questi che tendono a frapporsi alla realizzazione di idee di ampio respiro in grado di creare una forte identificazione diretta fra amministratori e amministrati. Una iattura che ne limiterebbe fatalmente il loro ruolo condizionante.
Per un nuovo corso …
Due elementi strategici potrebbero segnare la via: l’immediata qualificazione e implementazione di un’offerta turistica decente e l’impegno alla realizzazione di un polo universitario d’eccellenza, anche totalmente privato (un sistema efficiente di borse di studio garantirebbe pari possibilità ai meritevoli non abbienti), al riparo da pratiche baronali, clientele, e da ogni mefitica influenza politica. Una cattedrale indiscussa del merito e della produzione scientifica, nel cuore del mediterraneo, proprio alle pendici dell’Etna, che dovrà attrarre cervelli da tutto il mondo, e la cui presenza avrà un ricco effetto ricaduta tutt’intorno ad essa.
Si dovrà puntare all’attrazione turistica (con modelli già collaudati quali quelli dei piccoli distretti del Trentino), a calamitare le migliori risorse umane, e a trattenere in loco i giovani che non dovranno più essere costretti alla fuga. Quella della partenza dovrebbe essere una libera e legittima scelta e mai una costrizione che sa tanto di deportazione.
La pratica dell’accoglienza turistica, il pullulare di nuove genti e il fermento economico e culturale che ne scaturirà, produrranno comportamenti sociali emulativi verso l’alto e nuove possibilità per i soggetti svantaggiati. I nostri luoghi, e le relazioni che in essi si svilupperanno, potranno così permearsi di confronto, di fiducia, di cooperazione tra gli individui, e tra individui e istituzioni. In altri termini di senso civico e di appartenenza. Solo così, con l’importante contributo del sistema scolastico, si potrà pian piano sedimentare quello stock di capitale sociale, di cui siamo deficitari, che eviterà il progressivo, inesorabile, inaridimento e spopolamento del territorio. Tutto questo può sembrare troppo. Ma anche no. Proust ebbe a dire: “Il vero viaggio non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.